Secondo l’Ispra, i dati sul consumo di suolo in Italia evidenziano come in Abruzzo nel 2018 ci sia stato l’incremento maggiore rispetto all’anno precedente (+0,51%).
Un record negativo che vede, in particolare, alcuni territori, raggiungere una elevatissima occupazione di suolo da parte di edifici, infrastrutture e costruzioni varie.
Se si osservano i dati della percentuale di territorio comunale occupato emerge un quadro preoccupante, specialmente sulla costa Pescara ha il 51,3% di terreno interessato da costruzioni di vario genere, Montesilvano il 33,4%, Martinsicuro il 33,3%, San Salvo il 32,3% e Alba Adriatica il 30,9%. Anche il capoluogo di Regione, L’Aquila, dove la ricostruzione post sisma è avvenuta senza una reale pianificazione, con un Piano Regolatore Generale che risale agli Anni 70 del secolo scorso, mostra uno dei maggiori incrementi in valore assoluto, pari a 29 ettari solo nello scorso anno”.
“Dati che – aggiune il presidente dell’Ordine degli Architetti PPC della provincia di Teramo, Raffaele Di Marcello – devono far riflettere i decisori politici a tutti livelli e far comprendere la necessità di serie azioni, a livello legislativo e amministrativo, che riportino la pianificazione territoriale al centro delle politiche della Regione e degli altri Enti Locali. Oggi, dopo che la Corte Costituzionale con la sentenza n. 44 del 25 marzo 2015 ha dichiarato incostituzionale la Legge Regionale n. 24/2014 “Legge quadro in materia di valorizzazione delle aree agricole e di contenimento del consumo del suolo”, peraltro mai realmente applicata, la nostra Regione è priva di una norma in materia e l’obsoleta Legge Regionale n. 18/83 non è più in grado di governare efficacemente le trasformazioni urbanistiche del territorio, né il vigente Piano Regionale Paesistico riesce a dare le risposte di tutela di cui l’Abruzzo avrebbe bisogno”.
Alle dichiarazione dei pianificatori fa eco il WWF, con il delegato regionale Filomena Ricci: “Nella pianificazione del territorio è l’impostazione che deve essere modificata. È arrivato il momento di sostituire il consumo di suolo con azioni volte al recupero del patrimonio edilizio, la vera programmazione deve puntare alla messa in sicurezza dell’esistente. Nelle nostre città e nei nostri paesi sono troppe le strutture non utilizzate, fatiscenti, non adeguate sismicamente, per continuare a pensare di voler realizzare nuove costruzioni”.
Se oltre all’espansione urbana si considerano le infrastrutture, infatti, la quota di territorio italiano che si può considerare completamente artificializzato raggiunge il 10%. Già nel 2017 con il dossier “Avere cura della natura dei territori” che ha visto il contributo di 27 docenti universitari, anche dell’Università di L’Aquila, il WWF aveva messo in luce come il consumo di suolo stia determinando la scomparsa della continuità naturale. Investire prevalentemente nella realizzazione di strade e autostrade sta favorendo la diffusione di una peculiare patologia nazionale: la polverizzazione dell’edificato, a bassa densità, in aree molto vaste, facilitata dallo squilibrio in favore della mobilità su gomma (l’Italia è ai vertici nella classifica europea della motorizzazione privata: oltre 600 veicoli per 1000 abitanti). Questa polverizzazione incide sulla rete ecologica e sugli ambienti naturali come hanno evidenziato anche i dati dell’ISPRA, contribuendo alla insularizzazione degli habitat naturali più preziosi del nostro Paese: nella fascia di 1 km in immediata adiacenza ai Siti di Interesse Comunitari, negli ultimi 50 anni, l’urbanizzazione è salita da 84mila ettari a 300mila ettari, con un incremento medio su scala nazionale del 260%, dilapidando così il nostro capitale naturale.
Architetti e WWF evidenziano inoltre che il suolo, oltre al valore ecosistemico fondamentale per la vita umana, ha anche un valore economico legato all’attività agricola, mai realmente considerata un’attività produttiva nelle politiche regionali, e al paesaggio, con le sue ripercussioni nel settore turistico.
“La Regione Abruzzo – concludono architetti e ambientalisti – da Regione Verde d’Europa rischia di diventare Regione Grigia d’Europa. Per alcuni territori è già tardi per rimediare, ma è ancora possibile invertire questa tendenza. Occorre però agire subito per non raggiungere il punto di non ritorno”.