“Vogliamo davvero aspettare che anche le piccole imprese chiudano o falliscano per vedere riconosciuto il contributo che le stesse danno all’intero Paese? Dobbiamo bloccare la creazione di ricchezza per capire che se non la si crea non è possibile nemmeno redistribuirla? Vogliamo vedere sigle sindacali, lavoratori e imprenditori tutti a casa per renderci conto che non si tratta di una gara? Abbiamo davvero bisogno di guardare imprenditori e dipendenti piangere insieme per la perdita del loro futuro e di quello dei loro figli per capire che siamo tutti dalla stessa parte? Vogliamo aspettare che la bomba del disagio sociale si manifesti in maniera irreparabile? Da questi interrogativi e senza stare a ripercorrere le litanie quotidiane sulla non disponibilità di liquidità, sulla difficoltà delle procedure burocratiche, sulle ricette che ognuno di noi si sente di poter mettere in campo Vi chiedo, a nome di tutte le imprese”, rivolgendosi, tra gli altri, al Prefetto di Teramo, Graziella Patrizi, e al Presidente della Regione Abruzzo, Marco Marsilio, “uno sforzo che vada oltre le procedure del quotidiano”.
In questo momento vi è tanta confusione nel far ripartire le attività produttive. Ci sono grandi industrie che stanno riaprendo i cicli produttivi, mentre le piccole imprese sono le più penalizzate dal punto di vista economico e delle attività, e sono oramai, dopo lo stop forzato, ad un passo dalla chiusura definitiva. Sta creando sconcerto la notizia che alcune industrie, anche non funzionali ad assicurare la continuità delle attività non sospese, riavvieranno la produzione sulla base delle autorizzazioni rilasciate dai Prefetti. Nomi importanti del Made in Italy, operanti in prevalenza nel comparto del lusso, godrebbero di una autorizzazione specifica per riavviare l’attività. Se le grandi riaprono, le piccole stanno al palo con problemi che di giorno in giorno di fanno più pressanti. Non è giusto che le nostre piccole imprese, operanti con i gruppi internazionali che hanno riaperto, non possono produrre e pertanto sono destinate alla chiusura; atteso che l’approvvigionamento verrà comunque fatto attraverso altri canali internazionali. Tutte le imprese, a cominciare dalle più piccole, appartenenti a tutti i settori produttivi, hanno espresso in maniera forte il bisogno di riaprire e sono in attesa di indicazioni chiare. Purtroppo si assiste ad un processo disordinato e incomprensibile, apparentemente scollegato dai principi del Decreto dei ministri del 10 aprile, all’iniziativa dei singoli e alle valutazioni discrezionali. Una soluzione che oltre ad essere pasticciata, si rivela una mossa sbagliata nel dare coraggio e sostegno ai piccoli imprenditori e a quelle realtà aziendali che si sentono sempre più escluse e marginalizzate”.
“Le nostre piccole imprese, a differenza dei grandi gruppi, non hanno la forza per poter costituire società specifiche per singoli codici ATECO così da garantirsi la possibilità di aprire in deroga alle norme, non hanno la forza di poter contattare illustri virologi, per chiedere loro di essere sponsor per la riapertura in deroga; però hanno la forza, e lo stanno facendo con grossi sacrifici, ad attrezzare gli spazi di lavoro nel rispetto di tutte le misure di sicurezza. Basterebbe visitare i loro opifici per constatarne l’adeguatezza in termini di spazi e misure anti-contagio. D’altronde la lettera c), art. 1, comma 1, d.P.C.M. del 22 marzo 2020 consente la prosecuzione delle attività produttive vietate se organizzate in modalità a distanza o di lavoro agile.
Ci rendiamo conto che detta verifica non si presenta agevole per le aziende private, è proprio qui che dobbiamo fare un grosso sforzo di assunzione di responsabilità”.
“Con grande senso di responsabilità”, continua il Presidente di Api Teramo, Alfonso Marcozzi, “siamo consapevoli che l’indispensabile accelerazione della riapertura delle attività economiche, per la loro stessa sopravvivenza, non può non essere abbinata alla necessità di implementare nuove misure di sicurezza nei luoghi di lavoro, a tutela delle lavoratrici e dei lavoratori, fondate su solide basi medico-scientifiche. Siamo immediatamente disponibili a sottoscrivere un protocollo integrativo con tutte le sigle sindacali in continuità con il protocollo nazionale sottoscritto il 14 marzo 2020. E per finire, consentitemi di ricordare come migliaia di medici, infermieri, forze dell’ordine, donne e uomini dei servizi pubblici, soccorritori, volontari, sono in prima linea così come i milioni di cittadini che stanno dimostrando di rispettare le regole nella logica di essere ognuno parte di uno sforzo collettivo teso a salvaguardare l’intera comunità”.
“In questo contesto ci sono anche le nostre aziende, le nostre imprenditrici e i nostri imprenditori che stanno dimostrando, nei fatti, che la CSR (responsabilità sociale) non è un certificato da appendere alla parete o un premio da esibire, ma è l’impegno quotidiano di combattere al fine di mantenere viva la propria attività, i collaboratori, i fornitori e la comunità dove opera, pagando gli stipendi, garantendo anche gli stipendi per la P.A., regalando apparecchiature e dispositivi agli ospedali e alla Protezione civile, finanziando la ricerca scientifica e facendo donazioni alle associazioni di volontariato nell’ottica di contribuire al bisogno di aiuti per tutti. Qualcuno continua a dire che le aziende sono state nel passato, e anche oggi, poco responsabili: ogni punto di vista è lecito, ma non sempre corrisponde alla realtà. Ogni giorno vediamo le nostre persone in prima linea non per il profitto, ma per il lavoro, il lavoro che è di tutti e non di pochi. Abbiamo raccolto in questi anni centinaia di casi che testimoniano un impegno concreto, magari poco raccontato, per l’ambiente, le persone, i territori. Vogliamo riaprire con slancio e sicurezza, Vi ringrazio per quanto vogliate fare nell’immediato e non ci lasciate da soli a combattere gli effetti della pandemia in fabbriche ancora chiuse”.