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Così ogni giorno affrontiamo il virus. Il Covid visto da un operatore del 118

“Io ho paura non te ne andare”. Sono queste le parole che Andrea, operatore del 118, ricorda dell’ultimo intervento effettuato in ambulanza.

 

Andrea ha 32 anni, e da tempo fa il volontario per la Croce Rossa, e per altre associazioni. Sale sull’ambulanza e ci racconta cosa vedono i suoi occhi una volta che inizia il turno. “Ieri notte sono salito al quarto piano dell’ospedale Covid di Pescara, e la situazione è peggiore di quello che mi aspettavo. I posti letto nella Provincia di Teramo sono finiti”- racconta Andrea, mentre ci spiega che la Centrale Operativa del 118 di Teramo li chiama, dopo aver ricevuto la telefonata degli utenti (e non c’è solo il Covid, anche se al momento i casi legati al virus sono la maggioranza).

 

Una volta ricevuta la chiamata inizia la vestizione e dunque indossare tuta, maschera e visiera, con un rallentamento dei tempi di intervento. Un lavoro che si è intensificato quello degli operatori sanitari? “Più che intensificato si è complicato -ci risponde Andrea- anche per i motivi legati al fatto che dobbiamo prepararci in base alla chiamata che riceviamo”. Dai dati emerge che ad essere più colpiti dal Coronavirus sono gli anziani, è così? “Per quanto riguarda l’età delle persone è vero che la maggior parte dei pazienti sono over 65.

Ma in quei 20 minuti che ho trascorso all’interno del reparto dell’ospedale covid di Pescara c’erano anche molti giovani con ossigeno, che faticavano a respirare, collegati h24 ad un monitor. Stanze enormi con una decina di letti, e ai piedi del letto tutte le valige che si portavano da casa, perché logicamente non ci sono gli armadi. Ho visto ragazzi della mia età con mascherina dell’ossigeno e con sguardi di paura fissi nel vuoto. In tutto questo, la signora che stavamo trasportando noi all’interno del reparto, cosciente ma collegata ad ossigeno, vedendo questo scenario, dove medici e infermieri correvano a destra e sinistra per controllare i monitor che suonavano perché i pazienti, nonostante l’ossigeno, andavano in palese difficoltà respiratoria, mi ha detto: “Io ho paura non te ne andare” e mi ha preso le mani per non lasciarmi allontanare”.

 

Molti non credono al virus o lo sottovalutano “Ai negazionisti e a chi non crede che ci sia un vera emergenza, e a chi crede che colpisca solo gli anziani con patologie pregresse, vorrei solo condividere questa mia esperienza”. E’ un fiume in piena Andrea, che negli occhi di immagini ne porta tante dall’inizio di questa pandemia. Risponde alle domande, scrivendo, e il suo racconto torna alle persone più anziane “Che non sanno o non possono usare il telefono, non possono comunicare con i propri cari all’esterno, le uniche persone che vedono per giorni, sono completamente vestite di bianco e a malapena vedono gli occhi di chi li sta curando.

 

Gli unici rumori che sentono sono quelli del sibilo dell’ossigeno e dei macchinari che suonano, e nel migliore dei casi sentono una voce ovattata dalla mascherina degli operatori”. Siamo in una fase gestibile o la situazione è già complessa? “La fase per ora sembra gestibile ma cambia giorno per giorno e va sempre peggiorando, ospedali della zona che si preparano ad aprire reparti dedicati Covid.

 

I pronto soccorso, più che in affanno, sono in palese carenza di personale medico ed infermieristico, e molte volte, ma è un mio punto di vista, manca l’organizzazione, nonostante abbiamo avuto diversi mesi per prepararci ad una seconda ondata”. Una vocazione, quella di Andrea, e una testimonianza. Ad Andrea diciamo grazie per aver accettato di raccontarsi e speriamo che le sue parole, al pari delle sue mani, possano accompagnare ciascuno di noi.

 

Valentina Fratò