“Lunedì scorso abbiamo manifestato al Prefetto di Teramo alcune preoccupazioni. In particolare chiedevamo venissero fermate le attività che proseguivano nonostante il decreto del Presidente Conte ne prevedesse il blocco e una valutazione attenta alla richieste di deroga al decreto stesso. Preoccupazioni evidentemente più che fondate se Ministero dello Sviluppo Economico e dell’Interno hanno poi ridotto il numero delle attività aperte e coinvolto le organizzazioni sindacali nelle verifiche alle richieste di deroga”. A dirlo Fim Cisl e Fiom Cgil di Teramo.
“Ma per Confindustria Teramo evidentemente non è così: è di oggi un comunicato nel quale si parla di “sentimento anti impresa” e relazioni sindacali da “passato remoto”. Confindustria poi, novella Dante Alighieri, arriva a stabilire quali siano i sindacati meritevoli del Paradiso e quali quelli condannati all’Inferno: da un lato ci sono quelli evoluti –degni delle grazie celesti– di cui si gradisce l’attività, e dall’altra quelli che anteponendo ai “grandi valori” altri interessi (non si capisce quali, forse la salute e la sicurezza dei lavoratori), sono destinati a scontare pene per l’eternità. Non sappiamo in quale girone dell’Inferno gli industriali teramani collochino FIM e FIOM, ma siamo certi non potrà essere lo stesso dell’Associazione degli Industriali: mai, infatti, parleremmo di lavoratrici e lavoratori come “capitale umano”, equiparando le persone che lavorano ad “impianti e macchinari”. Così come mai penseremmo, ancor più in questa fase così difficile in cui si fatica anche a capire cosa mette a rischio la vita, a mettere sullo stesso piano “ordini, produzioni, consegne, fatturato, incassi” e la salute delle donne e degli uomini che ogni giorno devono uscire di casa per andare in fabbrica a lavorare. E purtroppo continuano ad essere tante e tanti quelli il cui lavoro va avanti. Non certo tutti, perché non abbiamo mai pensato che le aziende siano tutte uguali. Se ce ne sono molte che da subito hanno applicato i decreti riducendo le attività e consentendo che si lavorasse in sicurezza, ce ne sono anche tante altre che non operano in settori strategici ma che continuano ad avere i piazzali pieni delle macchine delle operaie e degli operai, senza nessuna preoccupazione per la loro salute”.