Una torta per “festeggiare” il primo anno trascorso dall’8 maggio 2017, quando fu vietato in gran parte della provincia di Teramo il consumo di acqua proveniente dalla falda acquifera del Gran Sasso. Il gesto simbolico è stato consumato questa mattina presso la sede del WWF Teramo
“Lanciato il 10 maggio 2017 da WWF, Legambiente, ARCI e Mountain Wilderness, l’Osservatorio si allargò poi a ProNatura, Cittadinanzattiva, GADIT, FIAB, CAI, Italia Nostra e FAI, e nasceva con tre obiettivi – hanno ricordato – verificare cosa fosse successo tra l’8 e il 9 maggio (e nei giorni immediatamente precedenti); avviare un confronto con gli Enti competenti per comprendere cosa non funzionasse nel sistema di approvvigionamento idrico dal Gran Sasso; comprendere quali fossero i programmi per la messa in sicurezza definitiva delle acque del Gran Sasso”.
Sono state diverse le iniziative organizzate dall’Osservatorio in questo appena trascorso, ma i risultati “non sono stati di certo esaltanti”, hanno proseguito.
“Non si è ancora giunti ad una ricostruzione di quanto è accaduto tra l’8 e il 9 maggio del 2017. Cosa causò la situazione che portò ASL, ARTA e Ruzzo Reti SpA, ognuna per le proprie competenze, a vietare il consumo di acqua proveniente dal Gran Sasso non è stato reso noto. In attesa delle risultanze delle indagini della magistratura, nessun risultato sembra essere scaturito dalle verifiche interne agli organi di gestione e controllo dell’acquifero”. E ancora: “Non è stato possibile instaurare un confronto reale con gli Enti competenti perché ci si è trovati di fronte ad un vero e proprio muro di gomma. La Regione Abruzzo ha vietato all’Osservatorio di prendere parte come auditore alla “Commissione tecnica per la gestione del rischio nel sistema idrico del Gran Sasso”. La Regione ha adottato la strategia di negare partecipazione e trasparenza, vietando alla associazioni che compongono l’Osservatorio, tutte associazioni nazionali individuate dalla legge italiana quali portatrici di interessi diffusi riconosciuti dalla Costituzione, di partecipare ai lavori della Commissione – dicono dall’Osservatorio – Nessun progetto di messa in sicurezza definitiva dell’acquifero del Gran Sasso, che rifornisce oltre 700.000 abruzzesi, è stato individuato. Da più di un anno si mandano a scarico circa 110 litri di acqua al secondo che vengono presi dalle fonti di captazione a più stretto contatto con i Laboratori. Si è inoltre appurato che il rischio di interferenza con l’acquifero da parte dei Laboratori dell’INFN e delle gallerie autostradali è talmente grave da richiedere interventi che dovrebbero modificare totalmente il sistema di captazione esistente, nonostante gli oltre 82 milioni di euro già spesi per i lavori svolti durante la gestione commissariale Balducci”.
E ancora, secondo l’Osservatorio “non vi è alcun progetto di allontanare le migliaia di tonnellate di sostanze pericolose (nafta pesante, trimetilbenzene, ecc.) stoccate all’interno dei Laboratori. È pure ancora impossibile per il semplice cittadino conoscere tempestivamente i dati sulla qualità dell’acqua che arriva al suo rubinetto, non essendo stato messo a punto, come invece richiesto fin da subito dall’Osservatorio, un sito web dove riportare tutti i dati sulle analisi effettuate dai vari enti e organismi di controllo. Infine va registrata la totale assenza della politica. Il tema sembra non appassionare né amministratori locali, né consiglieri regionali e neppure deputati o senatori. Al di là di qualche eccezione, il silenzio sul tema da parte del mondo politico, se si esclude la prima fase a ridosso dell’incidente in cui nessuno ha fatto mancare una dichiarazione ad effetto (magari anche totalmente infondata o irrealizzabile), è stato pressoché totale”.
“La torta di oggi, quindi, non vuole essere celebrativa, ma vuole semplicemente ricordare come, a distanza di un anno dall’ultimo incidente, le cose fate per la sicurezza dell’acquifero del Gran Sasso sono state ben poche e le cose che rimangono da fare restano ancora tantissime. Sulla torta compare una sola candelina, anche se in realtà potrebbero essercene molte di più volendo contare da quanti anni questo territorio sta facendo i conti con una serie di interventi che hanno messo a rischio e pesantemente danneggiato la principale risorsa idrica del centro Italia”.