“La singolare e bizzarra decisione adottata dalla Corte d’Appello abruzzese”, scrive in una nota Vincenzo Di Nanna, ” rappresenta un’autentica (e pericolosa) novità rispetto ad un orientamento giurisprudenziale sinora univoco e mai contestato, secondo il quale un provvedimento di tipo squisitamente amministrativo, quale la decisione di revoca dell’assegnazione di un alloggio di edilizia popolare, non poteva (e non doveva) esser legittimamente adottato da un organo di indirizzo politico quale il sindaco della città di Giulianova, in funzione di Ufficiale di Governo.
La Corte d’appello, in effetti, per “convalidare” (sanare?) la palese nullità del provvedimento di decadenza, è stata costretta ad ipotizzare, con grande sforzo di fantasia ed innovativa forzatura, che il sindaco di Giulianova per eseguire lo “sfratto” di un bimbo di soli 10 anni ed una nonna di oltre 80, avrebbe agito nell’improbabile (e grottesca) veste di “Ufficiale del Governo”, quindi allo scopo di prevenire e di eliminare gravi pericoli che minacciano l’incolumità pubblica e la sicurezza urbana, in realtà neppur ipotizzati (ed ipotizzabili) nel provvedimento impugnato!
Il ricorrente, nel citare il granitico orientamento del Consiglio di Stato (vd. sentenza n. 5073/2006) secondo cui è da escludere che il sindaco, quale organo di governo al quale spettano, perciò, poteri di controllo politico-amministrativo, possa porre in essere atti, quale quello di revoca di un alloggio popolare, che rientrano nell’ambito della gestione amministrativa, finanziaria e tecnica, pone inoltre in rilievo l’assoluto difetto dei presupposti di legge per la pronunzia della decisione di decadenza, posto che l’unica condotta rilevante a tal fine non può non esser individuata nel venir meno della destinazione ad uso abitativo”.