Autoporto e Zona Artigianale di Roseto: una storia all’italiana

roseto_dallaltoRoseto. Un vero e proprio grido di allarme. É quello lanciato dalla Cna Teramo che, in una nota, riaccende i riflettori sul destino della zona artigianale di Roseto, una vicenda che la stessa definisce la “classica storia all’italiana”.

“Nel 1996” ricorda “l’allora Amministrazione Comunale, sotto la spinta del Consorzio di Imprese VAL VOMANO, si adoperò per far nascere un’area produttiva nei pressi del casello autostradale di Roseto. La CNA di Teramo appoggiò da subito questo ambizioso progetto perché considerato utile alle imprese, all’indotto che poteva generarsi e in più in generale allo sviluppo del territorio coinvolto. Per dare attuazione alla realizzazione delle infrastrutture, il Comune di Roseto degli Abruzzi fu costretto a espropriare dei terreni privati, ovviamente sotto pagamento di un’indennità ai proprietari. Con Delibera di C.C. n. 42 del 7/12/2000 veniva definitivamente approvato dal Comune di Roseto degli Abruzzi il Piano Particolareggiato “D4 Industria, Artigianato, Commercio e Infrastrutture direzionali” e confermato l’esproprio dei terreni. Nelle date 2/02/2001 e 19/02/2001 avveniva la notifica ai proprietari dei terreni. Nel 2004 invece l’allora Amministrazione stipulava le convenzioni con le imprese assegnatarie per la cessione in proprietà delle aree produttive. Questo l’iter burocratico ed istituzionale che ha portato alla realizzazione del progetto; intanto nel 2001 aveva luogo il collaudo dell’Autoporto costato 13 miliardi di lire e mai entrato in funzione e che la CNA da sempre denuncia come il tipico spreco all’italiana causato dalla Pubblica Amministrazione. Sempre nel 2004 l’Amministrazione di Roseto degli Abruzzi garantiva alle imprese coinvolte nella zona artigianale di aver rimosso qualsiasi ostacolo burocratico e giudiziario che nel frattempo si era frapposto tra il Comune e i proprietari terrieri. A distanza di 8 anni le stesse imprese si sono viste recapitare una richiesta di pagamento a titolo di conguaglio per i maggiori oneri derivanti dall’indennità di esproprio richiesto dai proprietari dei terreni di quasi 6 milioni di euro. La CNA di Teramo, è stata protagonista insieme alle imprese insediate nell’area artigianale, svolgendo le attività che le competono. Abbiamo sempre preso posizione rispetto alle scelte strategiche per la nostra provincia, perché crediamo che sia nostro dovere essere sempre al fianco delle imprese, ma noi, come le aziende presenti nella zona artigianale, possiamo essere considerate parte lesa di questa contorta vicenda. Noi vogliamo lanciare un grido di allarme perché a pagare saranno le imprese che già provate da questa interminabile crisi economica, dovranno sostenere anche i costi dell’incapacità degli amministratori locali. Molte di queste imprese saranno destinate a chiudere e a licenziare”.  La CNA di Teramo chiede, dunque, a tutte le forze politiche, di maggioranza ed opposizione e naturalmente al sindaco Enio Pavone, di “svolgere a pieno la propria funzione politica e rappresentativa, sostenendo in maniera unitaria, il tessuto produttivo rosetano che ingiustamente si trova a dover sopportare aggravi economici con conseguenti ripercussioni sulla tenuta stessa delle imprese. In termini pratici, è indispensabile che l’Amministrazione comunale impugni dinanzi alla Corte di Cassazione le sentenze; sospenda il pagamento delle somme a titolo di maggiori indennità di esproprio; si adoperi per un tentativo di accordo bonario o transattivo con i proprietari espropriati. Auspichiamo, poi, l’inizio di un serio confronto volto a rilevare possibili soluzioni per tutti gli attori coinvolti in questa spiacevole e dannosa vicenda, ma se questo non avverrà, porteremo comunque avanti la nostra posizione con ferma determinazione, perché è in gioco la sopravvivenza di tutte le imprese coinvolte”.

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