Teramo. Si è incatenata davanti alla sede della cooperativa in cui ha prestato servizio per oltre trent’anni. Una protesta, quella della signora Tina, contro i modi utilizzati dal suo ex datore di lavoro che, prontamente, replica alle accuse e fornisce la sua versione dei fatti.
La storia inizia nel giugno del 2011, quando la donna chiede tre giorni di permesso per assistere il marito invalido. Nell’occasione le viene comunicato che il Consiglio della cooperativa Città di Teramo aveva già deciso di licenziarla. L’attività da lei svolta fino a quel momento, infatti, era stata esternalizzata e, non essendo possibile reintegrarla in un’altra mansione, si era deciso di metter fine al rapporto di lavoro.
La donna si è rivolta, dunque, al tribunale, chiedendo il riconoscimento del Tfr e impugnando il licenziamento.
“Nel Consiglio Direttivo del 30 maggio 2011” precisa la Cooperativa Città di Teramo “era stato deliberato il licenziamento della ex dipendente, comunicato a voce ed ufficializzato per via raccomandata, ritirata dalla dipendente solo sette giorni dopo. La dipendente non si presentò al lavoro nei giorni seguente ed il 13 giugno fece arrivare un certificato medico che consentiva l’assenza per malattia. I certificati sono seguiti per i 6 mesi successivi, al termine dei quali, e siamo a dicembre, rientrò al lavoro. In quell’occasione le venne consegnata una nuova lettera di licenziamento che la dipendente rifiutò di ricevere”. Da qui, le due azioni legali intentate dalla donna. “Alla dipendente spetterebbero emolumenti legati a preavviso, permessi e ferie non godute, ma ad oggi” spiega ancora la Cooperativa “siamo in attesa di conoscere le decisione dell’autorità giudiziaria alla quale ci atterremo”.