La saracinesca si abbasserà per l’ultima volta il 31 dicembre, in coincidenza con gli ultimi preparativi per il veglione di fine anno. È il segno, questo velato di tristezza, dei tempi che mutano e di una sorta di crisi che investe le attività familiari, fagocitate da anni dalla grande distribuzione.
Sono oramai gli ultimi giorni di attività per “Lepier”, la storica boutique di Tortoreto che chiude i battenti dopo 40 anni. Un passaggio non indolore, maturato dopo un’attenta riflessione, ma che è la conseguenza diretta di una serie di fattori. Dal 1 gennaio la via principale di Tortoreto, in ogni caso, sarà più vuota. Dinanzi alla vetrina della storica attività di abbigliamento, non ci saranno più capi in esposizione.
Da settimane l’addio alla clientela da parte del fondatore del negozio, Leo Di Berardino e della figlia Luana, era stato in parte anticipato con una liquidazione totale per chiusura attività. Ora si vivono gli ultimi giorni di un negozio che ha fatto scuola, non solo a Tortoreto, in fatto di grandi firme, capi sartoriali e di prodotti sempre molto apprezzati dalla clientela. Gli ultimi giorni, però, rappresentano l’occasione per aprire lo scrigno dei ricordi, che sono tanti, molti belli, che riescono quasi del tutto ad assorbire la tristezza per un’attività che chiude.
Le origini. Tutto nacque diversi anni fa quando Leo Di Berardino, poco più che adolescente, imparò la fine arte del sarto, con la gestione di una bottega a Sant’Onofrio di Campli assieme al fratello. Poi l’arte del cucire e della creatività (che ancora oggi lo rendono unico) l’ha esportata in Venezuela, dove ha aperto dei negozi, prima di tornare in Italia. A Tortoreto, dove agli inizi degli anni ’80 è nato “L’uomo Lepier”, boutique capace di abbinare stile ed eleganza per ogni occasione. E gli aneddoti che il titolare racconta, mentre assieme alla figlia riceva gli ultimi clienti di un percorso pluridecennale, sono veramente tanti.
Le difficoltà. Tante attività, nel corso degli ultimi anni, hanno dovuto sopportare il peso della recessione economica e della grande distribuzione. Equazione che anche a queste latitudini ha fatto sentire la sua incidenza. Ma nel caso in questione, due aspetti hanno poi (nel racconto di Leo e della figlia Luana), inciso in maniera particolare. La riqualificazione di via Trieste, che nelle intenzioni doveva rappresentare il viale del commercio (ma così alla lunga non è stato) e la realizzazione del nuovo sottopasso, che nella sostanza ha “nascosto” la boutique. “ Quel passaggio” raccontano, “ ha rappresentato poi una sorta di punto di non ritorno, aprendo poi la strada ad una decisione dolorosa, ma inevitabile per questioni di natura economica”. Tra qualche giorno il negozio lascerà spazio solo ai ricordi, di un’attività nel suo piccolo storica e capace di catturare interessi ben oltre i confini territoriali.