“Abbiamo esperito tutti i tentativi e abbiamo ascoltato tutti i pareri possibili, non c’è alcuna via amministrativa e giuridica per tentare la strada della cassa integrazione, così come legittimamente chiesto dai sindacati. Non è possibile stipulare una nuova convenzione con la Teramo Lavoro, anche per pochi giorni, senza avere a monte un capitolo di spesa dedicato e noi, ora, non lo abbiamo perché non abbiamo fondi nostri, già spesi per anticipare quelli dell’FSE sospesi; non ancora abbiamo un atto amministrativo per certifica le risorse del nuovo Por e non abbiamo più fondi nei settori perché abbiamo dovuto azzerare interi capitoli di spesa dopo le decisioni del Parlamento” ha ripetuto Catarra ai dipendenti della Teramo Lavoro spiegando quello che è emerso nei numerosi incontri che si sono susseguiti in questi giorni con la Regione, la Prefettura e i dirigenti.
Per i dipendenti della Teramo lavoro si apre la strada della disoccupazione anche se Catarra ha ribadito l’impegno dell’amministrazione nei confronti della società in house e dei sindacati: quindi, una volta che la Regione e le quattro Province avranno concluso il percorso per l’assegnazione dei nuovi fondi regionali dell’FSE – circa 800 mila euro – prevedibilmente entro febbraio “si apriranno due scenari: se i dirigenti ci diranno che è possibile che la Teramo Lavoro richiami il personale già selezionato, sulla base degli obiettivi del nuovo Por, saranno individuate le figure professionali necessarie e la società le fornirà; se si deve andare ad una nuova selezione sarà fatta una nuova selezione. Considerata comunque la riduzione delle risorse e l’obbligo da parte della Provincia, diventato ente intermedio, di assicurare i servizi essenziali con i propri dipendenti mi pare prevedibile che sarà difficile reimpiegare tutti e 110 i dipendenti ma sono comunque questioni che andranno valutate a tempo debito”.
Per quanto riguarda le risorse di bilancio Catarra sottolinea che solo il 20 dicembre scorso il Parlamento ha confermato le funzioni alle Province ma anche i tagli economici perché il Senato ha respinto l’emendamento che restituiva agli enti provinciali una parte delle risorse. “Un paradosso che ha messo noi e tantissime Province italiane in ginocchio e non ce lo aspettavamo: se lasci le funzioni non togli i soldi. E non parliamo di valutazione politiche ma dei conti alla mano delle strutture tecnico/amministrative. Non siamo i soli ad essere in questa situazione. Certo siamo i soli che in questi anni hanno garantito i livelli occupazioni di precari storici dell’ente, un centinaio di persone che hanno rapporti di lavoro con la Provincia da oltre un decennio, e che non potevano essere stabilizzati o assunti dell’ente per l’incrocio di numerose normative statali. In tutta coscienza credo di aver fatto tutto quanto era in mio potere per non lasciare a piedi nessuno: non credo che tutti, anche di quelli che oggi si ergono a paladini dei diritti dei lavoratori, possano dire altrettanto. Rimane il nostro impegno a proseguire con lo stesso sentimento che ci ha mosso fino ad oggi: se cambieranno le condizioni siamo pronti a rivedere quella che per quanto ci riguarda non è una scelta ma un percorso obbligato”.
Monia Pecorale (Cgil) e Fabio Benintendi (Cisl). Il clima di caccia alle streghe, le voci che dalla Procura della Repubblica circolano relative a imminenti avvisi di garanzia o provvedimenti di custodia cautelare a carico di esponenti della Giunta provinciale e di Teramo Lavoro – che dovrebbero invece essere coperte da segreto istruttorio – hanno condizionato le trattative dei giorni passati e, conseguentemente, il destino dei lavoratori.La paura e l’incertezza generata da voci e chiacchiere, su cui sarebbe doveroso fare chiarezza una volta per tutte, hanno impedito il rinnovo legittimo dell’affidamento dei servizi alla Teramo Lavoro per permettere alla società di prorogare i rapporti di lavoro e accedere, pertanto, agli ammortizzatori sociali. Il paradosso vergognoso è che questi lavoratori saranno gli unici nella provincia di Teramo a non poter accedere al diritto di avere un sostegno al reddito in questo drammatico momento di crisi economica, diversamente da altri lavoratori. Questi lavoratori hanno, di fatto, pagato per le responsabilità di altri.La protesta non si fermerà: e’ solo l’inizio.La FP CGIL e la CISL non lasceranno da sole le persone che in questi giorni hanno lottato per il loro futuro e non si arrenderanno, continueranno a dare battaglia fino a che la dignità delle lavoratrici e dei lavoratori non sarà loro restituita e per l’individuazione delle soluzioni in grado di garantire i livelli occupazionali.Già dal 9 gennaio, si faranno tutte le pressioni necessarie perché la sottoscrizione degli accordi tra Regione e Provincia e gli atti consequenziali vengano posti in essere tempestivamente e affinché la disponibilità futura dei fondi dell’Ente vada a ripristinare i rapporti di lavoro nei servizi propri dell’Ente. A questo proposito è bene che si sappia che non si è più disponibili a tollerare eventuali atteggiamenti pretestuosi da parte di chi dovrà firmare gli atti necessari e si valuteranno tutte le azioni possibili nei confronti di chi, in questa vicenda, non fa altro che alimentare veleni e sospetti che hanno anch’ essi contribuito a far rimanere a casa 110 lavoratori e impedire la normale erogazione dei servizi ai cittadini.
Nell’assemblea dei lavoratori convocata per il 10 gennaio p.v. alle ore 17 presso la sede della CGIL di Teramo, si decideranno le ulteriori azioni di protesta da mettere in campo.Un ringraziamento sentito e doveroso al Prefetto di Teramo per la preziosa disponibilità e partecipazione al destino dei lavoratori e agli utenti dei centri per l’impiego che sono rimasti fino a mezzanotte per esprimere solidarietà e vicinanza ai lavoratori.
Robert Verrocchio (Pd). “La Provincia inizi a darsi davvero da fare per risolvere la questione Teramo Lavoro, senza dare ogni volta ad altri la responsabilità della questione”. È quanto ha dichiarato il segretario provinciale del Pd Robert Verrocchio, dopo la protesta dei 110 dipendenti della società in house della Provincia. “Sono mesi che assistiamo ad un stillicidio indegno su quello che dovrebbe essere il futuro della società, tra annunci, rinvii e inchieste della magistratura – ha proseguito Verrocchio – Catarra dica chiaramente se quei 110 lavoratori sono una risorsa per l’Ente oppure no, e agisca di conseguenza. Il presidente dice di non avere la copertura finanziaria. La Regione però ha deliberato la ripartizione dei fondi per il settore lavoro, per il funzionamento dei centri per l’impiego, e questo permetterebbe la continuazione dei rapporti per 60 dipendenti. Questo significa che se davvero la Teramo Lvoro dovesse chiudere i battenti, i suoi lavoratori si troverebbero senza neanche la possibilità di chiedere la cassa integrazione in deroga, e tutti quei precari che da anni lavorano per via Milli sarebbero lasciati per strada semplicemente con l’indennizzo di disoccupazione. Catarra eviti di trovare le scuse dei tagli ed eviti di dare sempre la colpa ad altri per la situazione disastrosa in cui sta lasciando la nostra provincia.”
Riccardo Mercante . Prima di tutto voglio esprimere la mia solidarietà ai 110 dipendenti della società in house Teramo Lavoro rimasti a casa dall’inizio dell’anno. So benissimo che in questi frangenti la vicinanza serva a poco, ma in cuor mio sento di non avere la coscienza sporca per aver esperito nel mio incarico istituzionale, insieme agli altri colleghi di opposizione, tutte le iniziative possibili e di mia conoscenza volte a salvaguardare il posto di lavoro delle persone coinvolte.La realtà è abbastanza cruda e amara da digerire. I continui tagli ai trasferimenti da parte dello stato e della regione stanno svuotando sempre più le casse dell’ente Provincia lasciando contemporaneamente in capo allo stesso lo svolgimento di numerose funzioni, quali i centri per l’impiego, la manutenzione della rete stradale, l’edilizia scolastica.. In pratica una soppressione decisa per asfissia non conseguente ad una vera riforma strutturale con equa ripartizione delle funzioni e dei dipendenti ai comuni e alla regioni che avrebbe richiesto più tempo e forse più responsabilità politiche, evitando nel contempo vuote contrapposizioni campanilistiche e ridicole missioni propagandistiche di primi cittadini verso la capitale.In verità per la giunta provinciale a firma Catarra le responsabilità sulla cattiva gestione e sulla mancanza di risorse in bilancio per pagare gli stipendi sono pesanti e riconducibili a spese ed elargizioni decise troppo spesso con faciloneria e forse con “familismo amorale”. Mi riferisco in modo particolare a quelle relative al suo staff personale, ai premi dei dirigenti, agli aumenti d’indennità a pioggia, alla figura non necessaria del direttore generale, alle spille d’oro, cravatte griffate ecc.. Per non parlare di quelle relative agli innumerevoli viaggi all’estero dei componenti della giunta con persone al seguito oggetto peraltro di una mia richiesta di atti depositata ben tre mesi fa e rimasta ancora oggi inevasa contro regolamento per opera, o meglio non opera del fido dirigente Di Liberatore. Viene da chiedersi a questo punto quale sia la ratio della conservazione fino a scadenza naturale di un ente che di fatto è già estinto, perché se lo scopo è quello sempre più malcelato di garantire poltroncina e riflettori ad una decina di amministratori ed una ventina di consiglieri, non sarebbe da escludere un gesto serio da parte di tutti noi che comporti lo scioglimento del consiglio provinciale ed il ritorno di ognuno verso le propria dimora.