Il giudice ha inoltre disposto una provvisionale di un milione di euro a favore della piccola Vittoria e 500mila euro ciascuno per i genitori di Melania.
Trovano dunque purtroppo conferma le parole pronunciate dal papà della giovane mamma di Somma Vesuviana, che in attesa nei pressi del tribunale aveva oggi commentato: “La speranza che non sia stato lui c’è, ma gli occhi parlano e neanche oggi abbiamo incrociato quelli di Salvatore. Attendiamo con fiducia la sentenza del giudice, che ha svolto un lavoro molto accurato: vogliamo solo sapere chi ha ucciso la nostra Melania”.
La difesa dell’uomo aveva chiesto l’assoluzione piena per Parolisi per non aver commesso il fatto. “Siamo fiduciosi e crediamo nell’assoluzione – aveva pronunciato Valter Biscotti prima della sentenza -. Non è stato tralasciato nessun particolare per contestare il castello accusatorio. Il dibattimento è stato serio, ha avuto anche toni aspri, ma sempre nel pieno rispetto dei ruoli di ognuna delle parti”.
Nel corso dell’udienza, la difesa aveva parlato di insussistenza del reato di vilipendio del cadavere, ora della morte incerta e puntato soprattutto sul fatto che le bugie di Parolisi sono quelle dette “come uomo e marito, non come assassino della moglie”.
Salvatore Parolisi era stato arrestato una prima volta a seguito di un provvedimento di custodia cautelare emesso il 18 luglio 2011, quando la competenza sulle indagini era ancora della Procura di Ascoli Piceno. Il 2 agosto dello stesso anno fu poi raggiunto da analoga misura restrittiva emessa dal gip di Teramo Giovanni Cirillo. L’uomo è stato fin da subito l’unico imputato per l’omicidio di Melania Rea, ritrovata morta nel boschetto di Ripe di Civitella. Secondo le indagini, la donna è stata uccisa il 18 aprile del 2011 tra le 14 e le 15. Il corpo seviziato da 35 coltellate, seminudo, con due siringhe conficcate sul petto e sul pube, è stato scoperto due giorni dopo grazie a una telefonata anonima al 113, partita da una cabina telefonica in piazza San Francesco a Teramo intorno alle 14,40, durante la quale la voce di un uomo dall’accento teramano (mai individuato) segnalava la presenza di un corpo.
Le indagini furono affidate, per competenza territoriale, ai carabinieri di Ascoli Piceno e il caso alla procura di Ascoli in quanto, secondo il racconto fornito dal marito di Melania, la coppia insieme alla figlioletta era andata a trascorrere una tranquilla giornata al pianoro di Colle San Marco ad Ascoli. Qui Parolisi, secondo la sua versione dei fatti, avrebbe perso le tracce della moglie. Dopo alcune settimane di indagini, sopralluoghi e testimonianze la procura di Ascoli iscrisse nel registro degli indagati proprio il caporal maggiore che nel frattempo veniva intercettato e seguito. Il 18 luglio del 2011, il gip Carlo Calvaresi firmò il primo ordine di carcerazione nei confronti del 34enne di Frattamaggiore con l’accusa di omicidio volontario aggravato. In 95 pagine venivano mossi gli addebiti a seguito dei primi riscontri investigativi (fu perquisita l’abitazione dei coniugi Parolisi a Folignano, furono sequestrati computer, indumenti, cellulare e altro). Ris, Scientifica, Ros nel frattempo analizzarono la mole di materiale repertato e i tabulati telefonici. Le indagini successive, l’analisi delle celle telefoniche, i riscontri dei periti patologi hanno circoscritto a Ripe di Civitella il luogo in cui è avvenuto l’assassinio. Melania Rea era viva quando è giunta alle Casermette ed è qui che è stata uccisa.
Da Ascoli, la competenza passò a Teramo dove il 2 agosto del 2011 il gip Giovanni Cirillo firmò un nuovo ordine di custodia cautelare in carcere. Salvatore Parolisi venne trasferito dal carcere di Marino del Tronto a quello di Castrogno di Teramo. Nel frattempo, le istanze di scarcerazione promosse dalla terna difensiva del caporalmaggiore vennero rigettate. Riesame e Cassazione confermarono il provvedimento restrittivo. Da allora ad oggi, mentre Parolisi continua a professarsi innocente, il fascicolo si è arricchito di nuovi elementi emersi dalle indagini e dai riscontri forniti dai laboratori scientifici dei corpi speciali investigativi che sono così diventati indizi. Farà eco, fra gli altri, il rapporto sentimentale con la soldatessa Ludovica Perrone, anche lei di stanza al Rav Piceno. La difesa si è fatta nel frattempo agguerrita, chiede ed ottiene, dal gip di Teramo Marina Tommolini, il rito abbreviato condizionato all’ora della morte. A quel punto cambia lo scenario processuale per Parolisi che verrà giudicato dal gup, il quale affida una serie di superperizie per stabilire l’ora esatta della morte. Nel frattempo procura, parte civile e difesa nominano i propri consulenti che rimetteranno poi le risultanze. Alla fine, le perizie rimesse dai consulenti del gup non giungono alla conclusione auspicata perchè non chiariscono l’ora esatta della morte.
Le reazioni alla sentenza. Parolisi non era in aula alla lettura del dispositivo. Quando è arrivato e ha saputo della condanna gli hanno chiesto se voleva che venisse riletto: ha risposto di no. “Siamo soddisfatti da questa sentenza perché Melania ha avuto giustizia”. Lo ha detto Michele Rea, fratello della vittima. Tuttavia, ha aggiunto, “non siamo contenti perchè si tratta del papà di Vittoria e del marito di Melania. Come famiglia ne usciamo sconfitti. Non ci sono vincitori. Volevamo incontrare Salvatore per vedere la sua reazione a questo profondo dolore che ha provocato alla nostra famiglia, ma lui non c’era”.