E’ questa la richiesta delle organizzazioni frazionali che, nel merito della realizzazione del nuovo ospedale che vede contrapporsi diverse idee relative all’ubicazione dell’opera, vuole dire la sua. Per il Coordinamento, infatti, nel rispetto della zonizzazione prevista dal decreto ministeriale, è auspicabile che la struttura non venga realizzata in aree interne o prossime a zone produttive (industriali, artigianali, commerciali, ecc,) ed in prossimità di strade di alto flusso di traffico e a scorrimento veloce.
“In un territorio morfologicamente sin troppo eterogeneo come quello della provincia di Teramo”, scrive in una nota il Coordinamento, “che comprende, sia il mare da un lato, che la montagna dall’altro, non è assolutamente pensabile potere parlare di ospedale unico in relazione alle reali esigenze dei singoli territori che all’accessibilità dei servizi medico sanitari da prestare ai cittadini”.
D’altro canto questa idea era già emersa nella tavola rotonda organizzata dall’associazione Big Bang, cui hanno partecipato il coordinamento e il direttore generale dell’Asl di Teramo, Roberto Fagnano, il quale aveva “ribadito l’intenzione di portare avanti i programmi di riconversione delle strutture territoriali esistenti parallelamente alla costruzione del nuovo ospedale di primo livello a Teramo, per pazienti acuti che, a suo giudizio, avrà tutte le caratteristiche di un ospedale di secondo livello, in base alla ‘spartizione’ delle specialità di secondo livello con L’Aquila, come impostato dalla Regione Abruzzo”.
E visto che mettere a norma gli ospedali esistente comporterebbe una spesa non indifferente, non è pensabile che la città di Teramo possa rinunciare a prestare servizi medico-sanitari attraverso la non realizzazione di un presidio ospedaliero di primo livello che contenga al proprio interno reparti di eccellenza per pazienti acuti.