La giustizia amministrativa, però, dopo aver sospeso l’efficacia del provvedimento, lo ha annullato del tutto in sede di merito e ha riassegnato al privato la materiale disponbilità dell’area. E questo, mentre l’ente era in attesa che si concludesse l’iter amministrativo per riassegnare attraverso un bando la stessa concessione. Pur nella presenza di due delle irregolarità che, disciplinate dall’articolo 47 del codice della navigazione, che prevedono la decadenza e dunque la revoca delle concessioni demaniali, il Tar ha stabilito che l’ente, prima di procedere al provvedimento, avrebbe dovuto consentire al privato di poter avere delle proroghe per sanare le relative inadempienze. “ L’atto concessorio” si legge nel dispositivo, “ è singolarmente silente sia sulle opere richieste al concessionario, sia sulla data di inizio della gestione sia sul numero di rate rilevanti per ritenere avverata la condizione risolutiva della concessione di cui alla lettera d) dell’art. 47. Se a questo si aggiunge che il Comune non ha neppure, in maniera preventiva, contestato le inadempienze con un atto assimilabile a diffida, a rimuoverle in un termine congruo, può agevolmente concludersi che la decadenza è stata comminata dal Comune ben vero in relazione ad inadempimenti anche significativi del concessionario (che la difesa del Comune ha anche specificato ulteriormente in memoria), ma non espressamente indicati nell’atto di concessione come tali da consentire la decadenza automatica in assenza di previa diffida e/o fissazione di termini per sanarli”. Oltre a soccombere in primo grado, il Comune è stato condannato anche a pagare 2mila euro di spese legali.