Una necessità che ora cavalca le ali dell’entusiasmo anche a seguito del terremoto. Ma l’idea del polo scolastico nella zona dell’Acquaviva non convince il Wwf di Teramo che, ricordando come questa idea abbia avuto nel tempo ritorni continui, esprime alcune perplessità riguardanti la scelta del luogo e dei modi.
Il primo dubbio riguarda la collocazione, sotto la scuola D’Alessandro, con un edificio che potrebbe arrivare ad ospitare 900 alunni e forse più che verrebbe situato proprio a ridosso dell’ambito fluviale e, dunque, in un’area soggetta a possibili allagamenti.
“Non è un caso”, ricorda il Wwf, “che il Piano Territoriale della Provincia di Teramo individua il sito come ‘di interesse bio-ecologico/aree ripariali e zone umide’, nonché ‘da riservare prioritariamente allo sviluppo del sistema del verde urbano’. Senza considerare che l’area appare insufficientemente servita dalla viabilità ordinaria per cui l’aumento di traffico legato al polo scolastico determinerebbe problemi a tutta la mobilità cittadina”.
Inoltre il Wwf, invita a riflettere sull’idea stessa di un polo scolastico unico che priverebbe i quartieri di un punto di riferimento come è la scuola, incentivando gli spostamenti con le auto, determinando un ulteriore consumo di suolo, svuotando edifici esistenti che rimarrebbero inutilizzati per anni, con conseguente scomparsa di attività collaterali legate alla presenza della scuola.
Inoltre la normativa prevede che nella fase dello studio di fattibilità di nuove strutture è necessario verificare se non sia possibile recuperare edifici esistenti, riutilizzare aree dismesse o localizzare l’opera pubblica in aree già urbanizzate, degradate o impermeabilizzate, anche procedendo a varianti degli strumenti di pianificazione territoriale e urbanistica. E l’analisi delle opzioni dovrebbe tenere conto della presenza o della facilità di realizzazione di servizi, spazi di relazione, verde pubblico e della accessibilità e presenza del trasporto pubblico e di piste ciclabili.
“Siamo sicuri”, si chiede l’associazione, “che realizzare un nuovo, imponente, edificio, nella collocazione ipotizzata, risponda ai criteri dettati dal Ministero e, soprattutto, alle esigenze della cittadinanza? Siamo certi che eliminare dai quartieri, e dal centro storico, edifici scolastici che potrebbero essere recuperati o ricostruiti, magari inserendoli in contesti ambientali più favorevoli, come aree pedonali e/o “zone 30” e aree verdi, non impoverirebbe ancor di più un tessuto urbano già duramente provato dall’eliminazione di servizi alla collettività? Prima di cedere a facili entusiasmi forse occorre fare più di una riflessione e a confrontarsi sulle tematiche esposte e su altre che dovessero nascere da un’ampia condivisione della problematica”.