Teramo+ha+bisogno+di+tornare+alla+normalit%C3%A0.+Lettera+di+una+lettrice
abruzzocityrumorsit
/cronaca/cronaca-teramo/385596-teramo-bisogno-tornare-alla-normalita-la-lettera-lettrice.html/amp/

Teramo ha bisogno di tornare alla normalità. Lettera di una lettrice

L’eccezionalità degli eventi, il disagio di tanti cittadini, la paura per quanto annunciato dalla Commissione Grandi Rischi. Un turbinio di informazioni che di certo non aiutano a tranquillizzare la popolazione che cerca e vuole tornare alla normalità. Ma soprattutto indignazione per le dichiarazioni del presidente Sergio Bertolucci, che sono sembrate solo una presa in giro, con il tentativo di gettare la responsabilità su altri.

Riportiamo la lettera integrale di una nostra lettrice.

Gentile Direttore,

mi chiamo Asteria Casadio e vivo a Teramo. Fino a pochi giorni fa era un’abitudine sentirmi rispondere: «Dov’è? In Calabria?» quando mi trovavo a parlare della mia città, oggi nota ai più per essere rimbalzata sugli schermi televisivi e sui social a causa delle tristi vicende legate alla nevicata e alle scosse dei giorni scorsi. Gentile Direttore, vivo alla periferia di Teramo e posso reputarmi fortunata a fronte delle tante frazioni, ancora oggi, prive di energie elettrica e sommerse dalla neve. Se oggi le scrivo è perché mossa dall’indignazione più profonda suscitata dalle parole del Presidente Commissione Grandi Rischi Bertolucci che, in diretta, a Tgcom 24 ha risposto al Sindaco della mia città, che chiedeva cosa fare per le scuole, ancora da noi chiuse. Bertolucci, col modo di fare che ormai ben conosciamo, proprio della Commissione che presiede, ha infatti consigliato di riaprire le scuole soltanto se si è certi che gli edifici possano reggere ad un terremoto superiore ai sei gradi. Già nei giorni passati il comunicato rilasciato dalla Commissione ci aveva lasciati quanto meno perplessi, essendo un misto di probabilità, eventualità e responsabilità eluse. Un dire tutto e niente che però, in molti, ha, comunque, generato il panico. Oggi le parole del Presidente, sembrano quasi l’ennesima beffa di uno stato latente proprio nel momento del bisogno. Come si può chiedere ad un Sindaco di decidere della vita di migliaia di ragazzi in virtù di una possibilità tremenda che forse non si verificherà mai, che di certo non si sta facendo nulla per evitare?

Gentile Direttore, da teramana le dico come suonano da noi queste parole e non oso immaginare cosa possano significare nei luoghi a ridosso dell’epicentro delle scosse di mercoledì scorso. Abbiamo vissuto giorni tremendi, che ci hanno rigettato in faccia la nostra totale precarietà, la miseria di ritrovarsi piccoli in mezzo ad una natura che troppe volte abbiamo annichilito. Siamo stati per giorni senza energia elettrica, al gelo per mancanza di riscaldamento, esclusi dal mondo e senza poter sapere cosa stesse accadendo: i cellulari si scaricavano e non c’era possibilità di mettersi in comunicazione con altri, leggere le notizie, chiedere aiuto. Per molti è stato impossibile uscire di casa e fare rifornimenti a causa della neve alta e delle auto bloccate, le provviste hanno iniziato a scarseggiare. In molti paesi limitrofi la situazione è ancora questa. Oggi Teramo è martoriata di buche e nonostante lo sforzo costante degli operatori, le comunicazioni sono ancora difficili. La neve ha creato dei grossi cumuli che riducono l’ampiezza delle strade e spesso creano difficoltà tra l’asfalto rovinatissimo e i pedoni da evitare, costretti a passare su enormi lastre di ghiaccio. A tutto ciò si aggiunga la paura del terremoto. Non le descrivo cosa sia stata per noi la giornata di mercoledì scorso, quando, sommersi dalla neve, non avevamo neppure la possibilità di capire cosa e dove stesse accadendo.

Quando l’energia è tornata e cellulari e televisioni sono stati riaccesi, siamo stati invasi da notizie orrende, snocciolate ad ogni ora, prese, rivoltate, ripetute sotto mille formule secondo lo schema noto dei mass media, che vuole che una notizia debba essere proposta finché vende. Uno sciacallaggio mediatico vero e proprio fatto sulle nostre spalle, un terrorismo a portata di corrente, come ha notato qualcuno. Siamo stati bombardati e continuiamo ad esserlo da un popolo di finti geologi, sismologi, dai tanti signori so tutto tipici di quest’Italia che mentre piange i morti, sembra pensare che anche per questa volta l’ha scampata.

Gentile Direttore, ci hanno massacrato più della neve, più del terremoto stesso. Viviamo nella paura costante. Il rumore della caldaia, o di un carrello della spesa ci fa sobbalzare; guardiamo alle nostre case come ad un pericolo piuttosto che ad un luogo dove riposare sicuri. Le notti non passano mai. Ci attacchiamo ad internet nella speranza di leggere qualcosa che ci rassereni, e invece veniamo inondati da notizie allarmistiche e storie lacrimose. Se il Presidente Bertolucci vivesse un solo giorno con noi, forse aspetterebbe a gettare all’aria parole che ci caricano come macigni in virtù solo di una tra molte altre possibilità.

La realtà, Direttore, è che un terremoto violento potrebbe colpirci anche tra un anno, o forse mai. Oltre gli allarmi, i programmi mercenari del dolore c’è un paese che lavora, una terra che ha bisogno anche di ritrovare coraggio.

Domenica sono entrata in un bar e c’era una decina di uomini della protezione civile che sorrideva, si scambiava sprazzi di una quotidianità alterata ma comunque carica di ottimismo. Li ho guardati senza farmi notare e non ho visto degli eroi come dicono tutti. Eroe oggi è una parola abusata. Io, Direttore, ho visto uomini normali ma pieni di voglia di fare, di rendersi utile nella necessità. E ho pensato a loro, alle loro case, come ho pensato ai tanti commessi, impiegati che, in questi giorni, hanno continuato a svolgere il proprio lavoro, pur tremando, forse, ad ogni rumore improvviso. Anche loro hanno delle famiglie a casa; anche loro avranno paura. Ma la paura, Direttore, non può e non deve bloccarci, l’abbiamo imparato in questi giorni. Il coraggio sta proprio nel riuscire a continuare a vivere come sempre. Per questo trovo le parole della Commissione Grandi Rischi e di Bertolucci molto simili ad un’alzata di spalle, ad una palla che scotta scaricata su altri. Non possiamo accettarlo, non è giusto. È mani tese che vogliamo, pacche che spronino gente normale che abbia il coraggio di non farsi fermare, cui venga data la possibilità di prendere ogni eventuale precauzione, ma con dignità. Non è di sensazionalismi che abbiamo bisogno né di eroi. Vogliamo solo tornare a vivere, come ogni giorno.