Isolati, al freddo e al buio da 7 giorni: la lettera

Quando Gabriel García Marquez scrisse quello che per molti è il suo capolavoro, cioè “Cent’anni di solitudine”, non pensava certo all’Abruzzo: il suo romanzo era ambientato in uno qualsiasi degli staterelli dimenticati di quel terzo mondo rappresentato dall’America latina.

 

Oggi invece scopriamo che il terzo mondo è qui, nei paesini del nostro entroterra, belli da vedere, da visitare, ma oggi difficile da raggiungere con oltre tre metri di neve. Soprattutto difficili da evacuare per chi vi è rimasto sepolto dallo spesso manto bianco, senza acqua, senza luce, senza linee telefoniche, senza riscaldamento.

 

Abruzzesi ghermiti dalla solitudine di chi è abbandonato ai margini di una società che funziona solo per pochi. Soli, ma in compagnia di tanto coraggio, della forza di lottare di chi non s’arrende facilmente e la storia ne è testimone: come gli abitanti di Civitella del Tronto, vittime del mal tempo sissignore, come tanti altri paesi dell’entroterra, ma come tanti altri paesi vittime del tornaconto dei grossi carrozzoni  che non si capisce bene quanto pubblici e quanto privati, come l’acquedotto del Ruzzo, o come, molto di più, per i gestori telefonici, o come più ancora l’Enel e le società prestanome che lavorano per loro.

 

La politica thatcheriana ha creato dei mostri che oggi appare difficile sconfiggere: ma farlo è necessario, se vogliamo salvarci e non essere divorati da essi, mostri assetati di profitto e senza un minimo di umanità.

 

 

 

Pasquale Felice

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