“Il maresciallo dei carabinieri Saverio Masi”, scrive Rapagnà, “ prima in servizio presso il reparto operativo e ora nella scorta del Pubblico Ministero Nino Di Matteo, pubblica accusa nello stesso dibattimento Mori: il quale Saverio Masi, nell’interrogatorio condotto dai PM Antonio Ingroia e Antonino Di Matteo, avrebbe riferito di essere stato informato del ritrovamento il 17 febbraio 2005, del “papello” che non sarebbe stato sequestrato ma invece fotocopiato da un collega del Capitano Antonello Angeli su ordine dello stesso. La signora Giovanna Maggiani Chelli, Presidente della Associazione dei familiari delle vittime della strage dei georgofili di Firenze avvenuta, per mano della mafia, il 27 maggio 1993. Se tutto ciò fosse vero e verosimile, e prima di tutto se il Dott. Ingroia, il Dott. Di Matteo, il maresciallo Saverio Masi, il capitano Angeli e l’Appuntato Samuele Lecca, confermassero le circostanze investigative e le coincidenze dei Cognomi Masi-Chelli, non sarebbe opportuno riaprire le indagini e approfondire anche la ipotesi che gli assassini, mandati in missione, per una confusione tra luoghi, cognomi e persone, potessero essere arrivati a Nereto in casa dei coniugi Masi-Chelli alla ricerca dei documenti ritrovati a casa Ciancimino e del “papello” segretamente fotocopiato e nascosto altrove?”.