Teramo. Non si sbottonano Umberto Monti, sostituto procuratore di Ascoli Piceno e Adriano Tagliabracci, l’anatomopatologo incaricato di esaminare nuovamente il cadavere di Melania Rea, la 29enne di Somma Vesuviana ritrovata accoltellata lo scorso 20 aprile nel bosco di Ripe di Civitella.
Non si conosce, infatti, l’esito dell’esame cadaverico terminato un’ora fa all’obitorio di Teramo. Uniche dichiarazioni rilasciate quelle relative al nulla osta per la salma che, come assicurato dallo stesso Monti all’uscita dall’obitorio, sarà dunque finalmente restituita ai genitori e tumulata nella cappella di famiglia nel paese di origine di Melania.
Nessun altro particolare è trapelato dalle parole degli inquirenti. “Abbiamo fatto ulteriori accertamenti per un confronto con quanto già acquisito” è stata, infatti, l’unica informazione rilasciata da Tagliabracci. Sotto esame alcuni dei tagli inferti sul corpo di Melania, che con buona probabilità sono stati inflitti sul corpo della donna in un tempo diverso da quello dell’omicidio con l’intenzione di depistare le indagini. La nuova autopsia doveva, dunque, stabilire l’arco temporale durante il quale è stato commesso il delitto.
Ad attendere l’esito dell’esame c’erano anche il fratello di Melania, Michele Rea e uno zio.
Trapelata, nel frattempo, la notizia secondo cui il cellulare della donna è rimasto acceso fino al giorno del ritrovamento del cadavere. L’assassino potrebbe aver spento e riacceso l’apparecchio, in quanto il telefonino è risultato raggiungibile fino alle 19.00 del 18 aprile, per poi tornare a squillare nella mattinata del 20 aprile. Inizialmente si era pensato che si fossero perse le tracce in quanto irraggiungibile a causa della mancanza di rete. Se così fosse stato, la batteria dell’apparecchio si sarebbe tuttavia scaricata e non avrebbe potuto squillare dopo due giorni. Si fa insomma strada l’ipotesi secondo cui l’assassino di Melania Rea avrebbe potuto togliere la batteria e inserirla nuovamente il 20 aprile.