La produzione è ripartita oggi dopo dieci giorni di stop. La storia infinita della Veco di Martinsicuro vive di una nuova teoria dell’assurdo, con un’azienda in salute costretta ancora una volta dalla burocrazia a brusche fermate.
Perché a fronte di adeguamenti per l’ambiente circostante a cui la società si è col tempo attenuta (anche se l’azienda, al momento della sua nascita, non era circondata da abitazioni), adesso si aggiunge una nuova puntata. E i sindacati alzano la voce: “L’azienda chiude e riparte per via della burocrazia, non c’è pace – affermano Fim Cisl e Fiom Cgil – E’ impossibile bloccare aziende che vogliono lavorare per dei cavilli. Prima si dà un’autorizzazione ambientale a fronte di adeguamenti a cui la ditta si è attenuta, ora esce un cavillo che chiama in causa alcuni beni paesaggistici e la produzione viene di nuovo fermata. Bisogna smetterla, va presa una decisione: la Veco deve chiudere o deve continuare a lavorare? Lo vogliono sapere gli ottanta lavoratori e la comunità di Martinsicuro”.
L’11 maggio si attende la sentenza sulla decisione del Tar che aveva chiuso di fatto per giorni la ditta per non aver ottemperato alla chiusura di un capannone.
Se non arriveranno risposte e chiarezza, i sindacati hanno annunciato nuove forme di protesta dei lavoratori, più eclatanti della semplice “salita” sul tetto.