Dal prossimo 2 maggio i rifiuti dei Comuni dell’area Cirsu non potranno più conferire nel polo tecnologico di Grasciano. Con la conferma della sentenza del fallimento anche da parte della Corte d’Appello, la struttura consortile non può più operare.
Cinque sindaci su sei Comuni soci sono intenzionati a ricorrere al Consiglio di Stato, ma le speranze di un ribaltamento della sentenza emessa prima dal Tribunale di Teramo, lo scorso 10 settembre, e confermata successivamente dalla Corte d’Appello, sono ridotte al minimo. Contrario ad un nuovo ricorso il sindaco di Notaresco Diego Di Bonaventura.
Il Consorzio Stabile Ambiente dell’Aquila, che gestisce solo una parte degli impianti, ha fatto sapere che nella struttura di Grasciano i rifiuti potranno solo essere stoccati e non più lavorati. Successivamente verranno trasportati in altri impianti di lavorazione.
Il Cirsu è fallito. E con il fallimento è calato il sipario su una struttura che avrebbe dovuto dare risposte importanti in materia di recupero dei rifiuti, degli stessi materiali di risulta che in tempi passati sarebbero finiti in discarica.
Ci sarà ora una procedura da seguire con i curatori fallimentari che dovranno a questo punto, attraverso il tribunale, procedere con la vendita di capannoni e apparecchiature. Non è affatto assurdo pensare che con la dismissione dei beni del consorzio per far fronte ai debiti ci sarà un intervento da parte dei privati che potrebbero quindi acquisire l’intero complesso, rimettendo in moto il polo tecnologico, o parte di esso.
Intanto, con il fallimento consacrato del Cirsu i Comuni dovranno conferire i rifiuti altrove. Questo significherà un aggravio dei costi per il trasporto dei materiali in altri impianti. E di conseguenza un aumento della Tari, la tassa sui rifiuti, a carico di attività commerciali e famiglie. Alcune amministrazioni comunali, come nel caso di Giulianova, ha già tenuto conto dell’aumento.