Teramo. Ad oltre un anno e mezzo dall’apertura, da parte della Procura di Teramo, di un fascicolo per lesioni colpose in merito alla vicenda delle presunte protesi difettose all’anca della Depuy, le indagini si concentrano sull’iter che ha portato all’autorizzazione in commercio delle relative protesi.
Tanto che il pm Stefano Giovagnoni nelle scorse settimane ha disposto l’acquisizione di tutta una serie di atti presso il Ministero della sanità per verificare tutti gli step dell’iter autorizzativo e verificare se ci siano state delle omissioni. L’inchiesta, la seconda penale dopo quella aperta a Torino dal pm Raffaele Guariniello, era scattata agli inizi del 2014 dopo che sul tavolo della Procura era arrivata la denuncia di una donna teramana di 83 anni che nel 2007 era stata sottoposta ad un intervento per l’installazione di una protesi all’anca.
Intervento che le aveva permesso di tornare a camminare, ma in seguito al quale diverso tempo dopo era stata richiamata dalla Asl. Asl che dopo il ritiro dal commercio di quel tipo di protesi da parte della stessa Depuy, la invitava a sottoporsi ai controlli del caso. Controlli che, nel corso del tempo, evidenziarono valori anormali di cobalto nel sangue. Una metallosi che, secondo la perizia fatta effettuare all’epoca dalla stessa Procura, avrebbe un nesso di causalità con la protesi installata alla donna.
Adesso le indagini si spostano sull’iter autorizzativo, con il pm titolare del fascicolo che ha affidato al professor Roberto Lombardi il compito di studiare le relative carte. Il caso delle protesi difettose era scattato nel 2010 quando la Depuy, azienda della multinazionale Johnson&Johnson, ritirò il prodotto dal mercato rilevando alcuni problemi. A quel punto le Asl italiane richiamarono per i controlli tutti i pazienti a cui erano state installate quelle protesi, controlli ai quali seguirono numerose cause civili.