Settant’anni appena compiuti, 50 dei quali trascorsi per combattere le tossicodipendenze, aiutando con il suo Gruppo Abele i giovani ad uscire dal tunnel della droga, e le mafie con la sua Associazione Libera.
Don Luigi Ciotti è stato accolto da centinaia di persone al Centro Piamarta di Roseto che si è soffermato ad ammirare appena sceso dall’auto della sua scorta.
Ha partecipato al dibattito “Torniamo a parlare di droghe”, nell’ambito della XVII edizione de “La cultura in cammino”, evento organizzato dalle associazioni Cerchi Concentrici Promotor e Amici Progetto Uomo 1, col patrocinio del Comune di Roseto e la collaborazione delle associazioni “Il Sentiero” di Atri e “Amici Progetto Uomo 2” di Sant’Egidio alla Vibrata.
Era stato a Roseto già qualche anno fa nell’ambito del Premio Borsellino. Alcuni giovani gli hanno posto delle domande, alcune anche personali come ad esempio se abbia mai avuto un attimo di esitazione. E lui ha risposto con la saggezza che lo contraddistingue.
“La vita è sempre piena di dubbi”, ha puntualizzato nel suo intervento, “bisogna sempre diffidare da chi non ha mai un dubbio. Nel percorso della mia vita ho imparato a capire che i dubbi sono più sani delle certezze”.
Ha ammesso che la strada della vita è piena di insidie, trappole in cui finiscono molto spesso i giovani, risucchiati dal vortice della droga, dallo voglia di sballo immediato. Ma la droga si può combattere, si può sconfiggere. La parola d’ordine però è una sola.
“Anche se la strada a volte è in salita”, ha sottolineato don Ciotti, “è necessario avere sempre una sana testardaggine”. Don Luigi Ciotti ha raccontato la esperienza di vita, di come abbia avuto la necessità di aiutare chi era vittima degli stupefacenti.
Ha ricordato dell’incontro che ebbe con un medico, 53 anni fa. Un uomo buono, gentile, stimato, ma che per un evento che gli stravolse la vita si ritrovò a fare il barbone su una panchina, dinanzi ad un bar. E mentre leggeva i libri su quella panchina notava un gruppo di giovani che in quel bar cercavano lo sballo.
Un giovanissimo Luigi Ciotti voleva aiutare quella persona che per 12 giorni non gli rivolse mai una parola, sino a quando un giorno gli disse che era molto malato e che in quel bar c’erano ragazzi che dovevano essere aiutati.
“Ci sono degli incontri nella vita”, ha detto, “che ti graffiano dentro, che ti lasciano dei segni, che ti indicano delle strade”. Don Ciotti un esempio da imitare, un combattente, una lancia di Dio contro il maligno, costretto a vivere una vita sotto scorta, ma sempre in prima linea per combattere i due grandi mali: la droga e la mafia.