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Sant’Omero, la Cgil contro la privatizzazione dell’ospedale

Sant’Omero. “La privatizzazione del presidio ospedaliero di Sant’Omero è una scelta sbagliata e da respingere. Non apporta benefici se non alle casse del soggetto privato mosso unicamente da scopi di lucro da realizzare a discapito del diritto umano alla salute”. E’ quanto sostiene in una nota la Cgil sanità che attacca l’assessore regionale Lanfranco Venturoni per “il coraggio dimostrato”, si legge in un documento, “nonostante la sanità privata abruzzese abbia regalato alla storia di questa Regione pagine di corruzione e di collusi, insiste nel voler “ripetere” l’esperienza negativa nell’unica Provincia in cui la sanità è interamente gestita dal pub-blico. Ovunque in Italia le esperienze di società a capitale misto pubblico-privato sono state deludenti e fallimentari”.

La critica della Cgil è sostenuta da altri dati:
1. gli ospedali in Abruzzo sono 36, di cui 10 privati, che garantiscono assistenza sanitaria a circa 1 milione e 200mila abitanti: 4 presidi nella Provincia di Teramo (circa 400mila abitanti) e gli altri 32 di-stribuiti nelle altre tre Province;
2. la ASL di Teramo, a differenza delle altre ASL abruzzesi, è rispetto-sa dei parametri e dei vincoli economici prescritti dalle norme – bilancio in pareggio, rapporto tra il numero dei posti letto e il numero degli abitanti, spesa di personale – e questo sacrificio è stato “pagato”, nel corso degli anni, dal personale che quotidianamente cerca di sopperire a carenze e disfunzioni.

“Ancora una volta, a differenza di quanto accaduto nel teramano”, prosegue l’organizzazione sindacale, “si premiano i furbi e coloro che hanno illegittimamente assunto personale, aggravando ulteriormente il debito del bilancio regionale. Il presidio di Sant’Omero ha bisogno di un serio progetto di rilancio e di potenziamento, considerato, tra l’altro, che si tratta della struttura maggiormente aderente alle norme sulla sicurezza. Non si chiede di conservare lo stato attuale perché non più capace di garantire i livelli minimi qualitativi dell’assistenza sanitaria, ma di operare coraggiose scelte: chiudere i reparti che non funzionano e aprirne imme-diatamente altri che siano di eccellenza”.