Atri, signora malata di tumore non visitata per 5 fotocopie

ospedali_atriRiceviamo e pubblichiamo, di seguito, la “Cronaca di un pomeriggio di (stra)ordinaria follia presso gli uffici ASL di Atri (Te)”. La denuncia di Stefania S. di Pineto: la madre, malata di tumore, non sarebbe stata visitata dalla Commissione medica dell’Azienda Sanitaria Locale di Atri perché aveva dimenticato di fotocopiare 5 fogli della documentazione ufficiale per la richiesta di pensione di invalidità civile.

“Mia  madre purtroppo è una malata oncologica. Sappiamo che una delle prime cose da fare, quando si scopre di essere affetti da tumore, è quella di fare domanda per chiedere la pensione di invalidità civile.  Secondo un comma inserito nella legge di conversione del D.L. 4/2006 in materia di organizzazione e funzionamento della pubblica amministrazione (la legge el 9 marzo 2006, n. 80, pubblicata sulla “Gazzetta Ufficiale” n. 59 dell’11 marzo 2006), la visita presso la commissione medica che deve accertare lo stato di malattia deve avvenire entro 15 giorni dal giorno della presentazione della domanda presso la ASL. Noi abbiamo atteso più di 5 mesi, e soltanto facendo ricorso siamo riusciti ad ottenere il tanto agognato appuntamento. Sulla lettera che ci è pervenuta era specificato che bisognava presentarsi con la documentazione ufficiale, che comprendesse diagnosi e referti vari, accompagnata dallo stesso materiale fotocopiato. Preparo tutto il necessario ed il giorno prefissato io e mia madre ci presentiamo puntualissime presso gli uffici ASL di Atri (Teramo). Dopo una breve attesa, in una sala d’aspetto in cui c’erano termosifoni che raggiungevano la temperatura di 40 gradi, ma allo stesso tempo finestre spalancate (!), arriva il turno di mia madre. Chiedo gentilmente di poter entrare anch’io, dal momento che ho seguito in prima persona l’evoluzione della malattia e l’iter terapeutico di mia madre, e avrei potuto esporre meglio il caso, ma la Dottoressa con fare sprezzante mi liquida con un “ma che è medico lei??”. Rispondo che no, in effetti non lo sono. Consegno la documentazione e mi metto seduta ad aspettare buona buona. Trascorrono non più di due minuti, quando la porta si apre e la stessa Dottoressa mi viene incontro rimproverandomi di non aver fotocopiato alcuni documenti. Può capitare.. Mi consegna 5 fogli e mi invita a rimediare, recandomi presso una cartolibreria in fondo al viale. Alzando lo sguardo noto una fotocopiatrice in funzione, tuttavia, non oso fare domande e mi avvio, per scoprire poco dopo che la cartoleria quel pomeriggio sarebbe rimasta chiusa. Faccio ritorno presso la ASL, riferisco l’infausta novella, e la Dottoressa mi fa capire che non sa proprio come aiutarmi, supportata dalle urla sguaiate di una segretaria che infierisce sul fatto che sia colpa mia e mio l’errore di non aver fotocopiato quei fogli. Con molta gentilezza e tatto, oso chiedere se non sia possibile usare la fotocopiatrice davanti a noi, “dopotutto si tratta solo di 5 fogli…”. La risposta è un freddo e secco  “No. La fotocopiatrice non si può usare per gli esterni”. Provo ad insistere un po’, chiedo se vista la situazione non sia il caso, per una volta, di fare uno strappo alla regola. La risposta torna ferma ed inesorabile  “No. La fotocopiatrice non si può usare per gli esterni”.  Con molta pazienza, li informo che  dispongo di una fotocopiatrice e che sono disposta a tornare a casa per fotocopiare quelle 5 pagine e poi tornare a consegnarle, però avrebbero dovuto aspettare almeno una mezz’oretta, dal momento che vivo a Pineto. Mi rispondono che non era possibile attendere tutto quel tempo, poiché loro dopo 10 minuti sarebbero andati via. Ne deduco che l’unica soluzione allora, sarebbe stata quella di ritornarvi l’indomani, ma mi rispondono che no, non andava bene, poiché loro avevano  bisogno di quei documenti subito. Sono confusa e non so davvero come proseguire la conversazione. Provo timidamente ad indicare nuovamente la fotocopiatrice davanti a noi, ma “No. La fotocopiatrice non si può usare per gli esterni”.  Mi permetto di far notare l’assurdità della situazione e che sicuramente l’avrei segnalata. La Dottoressa mi volta le spalle e alza un braccio rivolgendomi un “Ma fa com cazz t par!”, che nel nostro dialetto significa: “Ma fa un po’ come cazzo ti pare!”. Rimango abbastanza perplessa dal tatto ed il savoirfaire di questa gentildonna. Chiedo a mia madre di aspettarmi lì, mentre io mi sarei recata a cercare un’altra copisteria aperta. Dopo circa venti minuti in giro per le vie di Atri, ne trovo una. Provvedo a fotocopiare quei 5 fogli, pago pochi centesimi e corro nuovamente, a perdifiato, verso la sede della ASL. Entrando nella sala d’aspetto, trovo mia mia madre completamente sola, al buio ed in lacrime. Mi racconta che pochi minuti prima, la Dottoressa e tutti gli altri medici della commissione erano andati via. Mi dice di aver  provato a fermarli, piangendo (lo stato emotivo di un malato nelle sue condizioni è comprensibile) chiedendo di aspettare per favore solo pochi minuti, perché io sarei tornata a momenti per consegnare gli ultimi documenti. Uno di quei medici la guarda con aria arrogante, la colpisce con la borsa, dicendole “Ma cosa piange a fare, guardi che può consegnare tutto alla segretaria!” (Dirlo prima no eh?). E va via. In fila indiana, insieme a tutti gli altri medici, in una sfilata che ricorda più la Fiera delle Vanità, che quella di professionisti incaricati a difendere i diritti dei malati.
La vista delle lacrime di mia madre mi fa perdere la pazienza, così entro negli uffici senza neanche bussare o chiedere il permesso, semplicemente per far notare che non è assolutamente quello il modo di trattare un malato. Già  vittima di una male che umilia di per sé, un malato non dovrebbe ricevere un trattamento simile. Nessuno dovrebbe. La segretaria non accenna minimamente delle spiegazioni o delle scuse e, anzi, minaccia con fare supponente di chiamare i Carabinieri. Mia madre dietro di me, continua a singhiozzare ininterrottamente. Mi chiede di lasciare perdere, di andare via, poiché tanto non sarebbe servito a nulla. Mi avvio verso l’uscita, accanto a mia madre che non accenna a calmarsi. Mi chiedo se quello che ho vissuto poco prima sia accaduto sul serio o se non sia stato frutto della mia immaginazione. Al di là del fatto che siamo state trattate in maniera a dir poco degradante, non in banca o alle Poste, ma all’interno dell’Azienda Sanitaria Locale, quello che mi fa riflettere è l’ambigua concezione di rispetto verso la regole. Aspettare  5 mesi la chiamata per una visita che prevede l’attesa di massimo 15 giorni dal momento della presentazione della domanda va bene, ma usare la loro fotocopiatrice per 5 fogli che mi sono sbadatamente dimenticata di fotocopiare… No. La fotocopiatrice non si può usare per gli esterni”.

Stefania S.

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