Dei 53 lavoratori ex Sogesa, solo una parte è stata riassorbita, circa il 50 per cento. Tutti gli altri sono in attesa di una risposta. Ma c’è chi crede che per loro non ci sarà spazio all’interno dei nuovi impianti, inaugurati lo scorso 11 aprile.
A rischiare di più sono gli ex Rsu, come Mimmo Daniele, Fausto Contrisciani e Sergio Di Diomede che in questi anni hanno svolto un’attività sindacale. Ma non sono gli unici. Perché altri operai ex Sogesa, tre per l’esattezza, non essendo stati chiamati dal Cirsu a ricoprire il vecchio posto di lavoro hanno deciso di aprire una vertenza di lavoro.
Altri tre, invece, sono stati assunti proprio in questi giorni. C’è comunque delusione tra chi è rimasto fuori. Perché si sente tradito da quei colleghi che un anno e mezzo fa erano a presidiare l’ingresso dello stradone che porta al polo tecnologico di Grasciano ma che oggi, una volta riavuto il posto di lavoro, si sono dimenticati di chi combatteva una battaglia sindacale.
“Noi non sappiamo perché siamo ancora fuori dal ciclo produttivo”, spiega Sergio Di Diomede, ex Rsu Sogesa, “certo, siamo amareggiati e delusi da alcuni comportamenti. Ma guardiamo avanti e aspettiamo sempre con fiducia che ci sia una chiamata anche per noialtri”.
Le battaglie portate avanti e sempre in prima linea hanno comunque assicurato il posto di lavoro ad una fetta di ex Sogesa. Va detto che a suo tempo, quando il Cirsu, attraverso la società che in quel momento stava operando nei capannoni, inviò le lettere per il colloquio di lavoro, solo una parte degli operai si presentò. Tra questi non c’erano gli ex Rsu di Sogesa. Da qui, forse, la scelta su chi richiamare a lavorare.
Il sindaco di Notaresco Diego Di Bonaventura spera che tutti i lavoratori del vecchio braccio operativo del Cirsu possano essere riassorbiti. C’è un aspetto di cui tener conto: oggi all’interno dei nuovi capannoni e delle nuove strutture del Cirsu si opera con mezzi meccanici. Il lavoro manuale è ridotto al minimo. Quindi è necessaria una riqualificazione dello stesso personale.
E chissà che chi oggi è fuori dal ciclo produttivo dei rifiuti non possa quanto prima essere richiamato e riqualificato. Sarebbe una vittoria per tutti, per i lavoratori, per il presidente del consorzio Angelo Di Matteo, per quanti hanno alla fine creduto in questo progetto di rilanciare una struttura pubblica rimasta chiusa per troppi anni, a vantaggio dei privati che si sono arricchiti alle spalle dei Comuni che pagavano anche 200 euro a tonnellata per lo smaltimento e soprattutto dei cittadini, costretti ad una tassa sui rifiuti esagerata.