Teramo. L’associazione “Robin Hood” apre un osservatorio per raccogliere testimonianze e documentazioni in merito agli abusi perpetrati dagli addetti delle società di recupero crediti. Più in particolare, si tratterebbe di violazioni della privacy, sostituzioni di persona, violenze verbali o delle norme sulla sospensione delle azioni nel corso dei tentativi obbligatori di conciliazione. “Insomma” spiega meglio l’associazione, “tutte quelle azioni rivolte alle fasce più deboli e non dotate di strumenti culturali per la propria tutela”.
Robin Hood crede, infatti, che la corretta informazione ai cittadini sui loro diritti e sulla giusta azione giudiziale sia lo strumento per porre un argine a questo tipo di abusi. Un buon esempio sarebbe costituito dalle telefonate di operatori che si qualificano come legali o come ufficio legale della ditta mandante. Per poi scoprire che, invece, si tratta del call center di una società di recupero.
“O ancora” continua l’associazione “quando suona il campanello e qualcuno si qualifica come ufficiale giudiziale. In questi casi la minaccia è immediata. Si cerca la persona “debitrice” e si comunica che, se non avviene il pagamento immediato, si provvederà al sequestro”. A volte, nel caso di mancanza di denaro, alcuni avrebbero anche consigliato “amichevolmente” di provvedere il giorno seguente, per evitare azioni che porterebbero subito al raddoppio dei costi.
“Occorre urgentemente porre un argine della società civile a quelle, per fortuna poche, società che operano illegalmente” conclude, pertanto, Robin Hood. “L’azione è molteplice e va dalla richiesta dell’applicazione del Codice Etico all’Unirec e agli Ordini degli Avvocati, dal ricorso al Garante della Privacy a quello delle Comunicazioni, alle Questure che autorizzano l’esercizio dell’attività alla magistratura per le rilevanze penali”.