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Contratto riabilitazione 2013, il Tar dà ragione alla Piccola Opera Charitas ma niente risarcimento

Giulianova. Il TAR dà ragione alla Piccola Opera Charitas di Giulianova in merito al ricorso nei confronti della Regione Abruzzo per aver “precluso alla ricorrente la stipula del contratto per l’erogazione delle prestazioni riabilitative per la struttura di Giulianova (ma solo di Chieti), sulla base delle carenze strutturali, tecnologiche ed organizzative accertate dalla Asl di Teramo”.

Il giudice Paola Anna Gemma Di Cesare ha riscontrato che il Centro di Giulianova risulta “accreditato in via ‘predefinitiva’ dalla Regione Abruzzo, per l’erogazione di prestazioni sanitarie riabilitative” e che, dopo le carenze segnalate dall’Asl Teramo, ha presentato il cronaprogramma dei lavori di adeguamento.

Quindi ha stabilito che la Piccola Opera Charitas potrà firmare il contratto per le prestazione del 2013 con la Regione Abruzzo sia per la struttura di Chieti che per quella di Giulianova, senza l’ultimo taglio delle tariffe proposto dal Commissario ad Acta della sanità abruzzese. Infatti la Regione. una volta accertate le carenze dei requisiti minimi tecnologici, organizzativi e strutturali evidenziati dalla Asl, avrebbe dovuto procedere alla revoca dell’accreditamento oppure, in caso di esito positivo dell’accertamento, procedere alla sottoscrizione dell’accordo.

Il giudice però ha respinto sia la richiesta di risarcimento danni della Piccola Opera Charitas che il ricorso in merito alla remunerazioni delle “prestazioni rese dalla Fondazione nel 2013”, assimilate “alla diversa ipotesi delle prestazioni rese extrabudget, riconoscendone il pagamento ‘nella misura del 90 per cento del quantum fatturato riconoscibile, previa verifica delle stesse prestazioni…’”.
Le censure, evidenziate dalla Fondazione giuliese sono state ritenute “infondate, in quanto il criterio di remunerazione adottato dall’Amministrazione contempera, da un lato, l’interesse pubblico a stipulare un contratto e quindi a consentire l’erogazione di prestazioni per conto del servizio sanitario nazionale soltanto a strutture dotate di requisiti di qualità ulteriori rispetto a quelli minimi e, dall’altro, l’interesse del privato a vedersi indennizzato per il depauperamento cagionato da prestazioni erogate, in via di fatto, a vantaggio del servizio sanitario nazionale. Va peraltro evidenziato che solamente le strutture pubbliche sono vincolate a rendere le prestazioni sanitarie richieste e necessarie, mentre le strutture private accreditate non hanno tale incondizionato obbligo, potendo, in alternativa, negare la prestazione richiesta ovvero erogarla, senza però pretendere la relativa remunerazione. In assenza della sottoscrizione del contratto la Fondazione avrebbe potuto legittimamente rifiutare di erogare prestazioni per conto del servizio sanitario nazionale e pertanto non può invocare il principio di affidamento e buona fede nell’erogazione delle prestazioni”.