Pescara. Il Comune di Farindola sapeva perfettamente le condizioni di Rigopiano: è scritto nell’informativa dei Carabinieri Forestali di Pescara che riguarda l’inchiesta sulla valanga che ha travolto 29 persone.
“Mi hanno detto che la turbina se tutto va bene dovrebbe partire questa sera, ma quasi sicuramente domani. Che stessero tranquilli al caldo, tanto lassù hanno tutto”. Questo l’sms inviato dalla fidanzata a Gabriele D’Angelo, una delle vittime. Questa frase proferita da Enrico Colangeli, del Centro operativo comunale di Farindola, “dimostra chiaramente che lo stesso era perfettamente a conoscenza dell’isolamento dell’Hotel Rigopiano ma che, a suo parere, non era una priorità risolvere tale emergenza”.
La fidanzata di D’Angelo, Giuly Damiani, ha riferito agli inquirenti che “la situazione presso l’Hotel era diventata insostenibile in quanto non si riuscivano a tenere calmi tutti i clienti e che tutti, compreso il personale, volevano andare via” e che D’Angelo le “chiese di rivolgersi al Comune di Farindola e chiedere aiuto”.
Ma D’Angelo è al centro di un altro mistero relativo ai soccorsi richiesti prima della valanga. Dalle carte dell’indagine, infatti, spunta una chiamata che il ragazzo ha fatto alle 11:38 del 18 gennaio 2017, sparita dagli incartamenti che la stessa prefettura consegno agli investigatori subito dopo la tragedia.
Una telefonata fatta al centralino di palazzo dei marmi negli stessi minuti in cui l’allora prefetto Provolo
– indagato per omicidio e lesioni colpose, falso ideologico e omissione d’atti di ufficio – era impegnato al tavolo del Comitato per l’ordine pubblico e la sicurezza, per fronteggiare l’emergenza maltempo di quelle ore.
Una telefonata di quasi 4 minuti, durante la quale un’operatrice registro come D’Angelo segnalava che in hotel c’erano 45 ospiti bloccati – anche se in realtà i presenti erano 40 – e occorreva urgentemente una turbina per liberare la strada dalla neve ed evacuare la struttura. Richiesta, come si ben sa, mai accolta.
L’operatrice avrebbe riferito agli investigatori che l’ordine ricevuto dai suoi superiori, mentre D’Angelo era ancora in linea, di fornire lui i numeri degli enti locali, come da procedura nei confronti di un privato cittadino che richiede uno spazzaneve.
Quando, poi, il nome di D’Angelo spunto fra quelli delle vittime, la stessa operatrice fece presente alla catena di comando della prefettura del numero di persone fornito dal cameriere, quell’errato 45, per accertarsi che non ci fossero altri 5 dispersi rispetto ai 40 del bilancio definitivo. Ma, a quel punto, della telefonata di Gabriele D’Angelo non vi era più traccia nei registri.