Pescara. Per tre mesi ha lavorato in un Cas, ma a distanza di un anno non ha ancora percepito gli stipendi, così come avvenuto per gli altri lavoratori della struttura. A raccontare la sua storia è Christian Barisani, ex dipendente del Centro di accoglienza straordinaria che, gestito dalla srl campana Gestione Orizzonti, è stato attivo a Pescara dal 2017 al novembre 2018, nel quartiere Rancitelli.
È da 13 mesi, afferma l’ex lavoratore, che i dipendenti sono in attesa dei pagamenti. Sottolineando che la società in questione era arrivata “ad avere in poco tempo diversi Cas sparsi tra le regioni Molise, Abruzzo, Marche e Lazio, ottenendo fatturati da capogiro”, l’uomo racconta che con lui, nel Cas di Pescara, “in tutto eravamo circa dieci dipendenti e già da allora si lamentavano ritardi nel pagamento degli stipendi”.
“Il lavoro al Cas – sottolinea – era stato appaltato dalla Prefettura di Pescara, che doveva provvedere a pagare la società per i suoi servizi. Io ho lavorato lì fino alla scadenza del mio contratto, il 30 settembre 2018, per poi trasferirmi ad Ancona, mentre gli altri sono rimasti fino al 30 novembre del 2018, giorno in cui il Cas di Pescara ha chiuso i battenti. Nel frattempo, a tutt’oggi, la società si è guardata bene dal corrispondere a me ed agli altri le nostre spettanze”.
Barisani si è quindi rivolto ad un patronato per una diffida, ad un legale e all’Ispettorato del lavoro per denunciare l’accaduto. Si è così scoperto “che mi avevano trasformato il contratto da full time a part time senza dirmi nulla, continuando a farmi svolgere 40 ore settimanali, facendone risultare solo 26 ore settimanali”. “La cosa che mi lascia interdetto – prosegue Barisani – è la posizione della Prefettura che, a seconda delle circostanze, ha due differenti chiavi di lettura. Infatti, una volta dice di non pagare perché la società non paga, una volta dice di avere messo in pagamento le somme verso la società. Siamo stufi ed esasperati e ci sentiamo presi in giro. Chiediamo una sensibilizzazione da parte dell’opinione pubblica e delle istituzioni per non aggiungere al danno della perdita del lavoro anche la beffa di non vedere le nostre spettanze riconosciute, spettanze che in sede di dichiarazioni dei redditi siamo stati costretti a dichiarare, anche se non percepite, con conseguente aggravio di spese sulle nostre tasche”.