Pescara. Se inizialmente la pista anarchica sembrava una suggestione, prende via via più piede come motivazione dietro l’incendio divampato ieri mattina nel centro di Pescara.
Le proteste scoppiate in tutta Italia a sostegno di Alfredo Cospito, la banca bruciata tra via Trento e corso Vittorio, le origini pescaresi dello stesso anarchico ristretto al 41bis. Una somma di fattori che avevano portato l’opinione comune verso il gesto doloso di matrice anarchica, dopo che enormi lingue di fiamme sono scoppiate ieri mattina in centro a Pescara, danneggiando una filiale dell’Intesa San Paolo, oltre a gettare nel panico i passanti e costringere 20 famiglie a un’evacuazione preventiva.
Come riporta oggi l’edizione abruzzese del quotidiano Il Messaggero, però, anche le indagini della Digos non tralasciano la pista degli anarchici, insieme a quella di un semplice atto vandalico che, dai cassonetti, si sarebbe poi esteso alla banca.
Non ci sono, purtroppo, telecamere in zona che potrebbero aver ripreso l’autori (o gli autori), se non quella della Ztl funzionante solo per immortalare le targhe dei veicoli che entrano nell’area a traffico limitato di via Roma.
Restano le testimonianze di passanti, negozianti, residenti e i dipendenti della banca bruciata: da questi ultimi, riporta ancora Il Messaggero, verrà chiesto se negli ultimi giorni siano arrivate minacce riconducibili a una qualsiasi forma di sostegno a Cospito, da 106 giorni in sciopero della fame contro la detenzione che sta scontando – per aver fatto esplodere una bomba dinanzi una caserma dei carabinieri – in regime di carcere duro.