Era stata l’amministrazione provinciale di Pescara – che si è opposta al ricorso tramite l’avvocato Matteo Di Tonno – a individuare in Edison il responsabile dell’inquinamento e a disporre, con un’apposita delibera, che il gruppo industriale provveda alla bonifica dell’area. Un’area di 9 ettari che, una volta risanata, dovrà essere oggetto di reinsediamento industriale.
Per la bonifica, fin dal 2014, sono a disposizione 38 milioni di euro, con i lavori appaltati in via definitiva dal febbraio scorso, ma non ancora consegnati, a un’associazione temporanea di imprese capeggiata dalla belga Dec-Deme e composta da Safond Martini srl, Elios Ambiente srl, Sidra Società italiana dragaggi spa e Cooperativa San Martino. Edison ha presentato ricorso sia contro la delibera, non ritenendosi responsabile dell’inquinamento dell’area, sia contro il progetto di bonifica.
La vicenda, pur riguardando aree diverse, si lega a quella più ampia riguardante la mega discarica dei veleni di Bussi che, al termine di un processo durato dieci anni, ha visto la Corte di Cassazione assolvere quattro imputati dall’accusa di disastro ambientale e dichiarare la prescrizione in riferimento alle posizioni di altri sei imputati. Le motivazioni che accompagnano la sentenza della Cassazione, tuttavia, accogliendo la tesi dell’accusa, in base alla quale il polo chimico di Bussi, fin dagli anni Sessanta, fu interessato dal disastro ambientale e dall’avvelenamento delle falde acquifere, lasciano aperta la strada alle richieste di risarcimento in sede civile.
Nei prossimi giorni, su questo fronte, è previsto un primo incontro tra le parti civili per mettere a punto le strategie.