L’indagine, coordinata dai pubblici ministeri Rapino e Sciarretta, è scaturita da un controllo effettuato ad aprile scorso dal personale dell’Arta Abruzzo sul depuratore comunale di contrada Fontanoli, durante il quale, a seguito di analisi di campioni di acque reflue, è stato accertato il superamento dei limiti legislativi del refluo scaricato dal depuratore nel Fosso Rio, corso d’acqua recettore, relativi ai parametri BOD5 (domanda di ossigeno biochimico), solidi sospesi, COD (domanda chimica di ossigeno), azoto ammoniacale, fosforo totale, tensioattivi totali.
I militari del Nipaaf, dopo mirate acquisizioni effettuate presso l’Aca di Pescara il Servizio Gestione Rifiuti della Regione Abruzzo, sono riusciti a individuare la ditta che, in assenza di autorizzazione, effettuava lo scarico dei reflui industriali, derivanti da operazioni di lavaggio e pulizia, direttamente nella fognatura, senza abbatterne i parametrici critici (solidi sospesi, tensioattivi, COD), per poi essere sversati, nonostante il tramite del depuratore comunale, che non riusciva ad abbassarli, nel corpo idrico recettore.
I militari hanno accertato, altresì, che la ditta indagata effettuava il deposito temporaneo dei fanghi da operazioni di lavaggio e pulizia per un tempo superiore al limite di un anno previsto dal decreto ambientale del 2006.
Non a caso il Gip, nel dispositivo di sequestro, ha precisato che “la libera disponibilità del pozzetto e del serbatoio costituisce pericolo di aggravamento e di protrazione delle conseguenze offensive per la possibilità di procedere ad ulteriori attività di sversamento nella pubblica fognatura”.
“L’indagato”, ha dichiarato il Comandante del Gruppo Carabinieri Forestale di Pescara, “allo stato delle indagini rischia l’arresto da due mesi a due anni o l’ammenda da 1.500 a 10.000 euro per lo scarico abusivo, oltre all’arresto da tre mesi a un anno o l’ammenda da 2.600 a 26.000 euro per la gestione illecita dei rifiuti”.