Cosi’ in una nota il Forum abruzzese Movimenti per l’acqua, commenta la requisitoria del pm Anna Rita Mantini relativa al processo sulla mega discarica di rifiuti tossici, rinvenuta nel marzo 2007, a Bussi sul Tirino, in corso a Chieti.
“La presenza di falde fortemente inquinate da clorurati – prosegue il Forum – era del tutto evidente anche per quanto riguarda i pozzi per l’acquedotto. Gli stessi documenti tenuti rigorosamente riservati della Montedison parlavano fin dal 1993 della preoccupazione per le produzioni agricole e per gli utenti che usavano le falde acquifere. La pm Mantini ha parlato di una sistematica falsificazione dei dati, facendo vedere con le slide le tabelle con i dati a confronto. Inoltre ha adombrato il terribile sospetto, mostrando alcuni documenti, di collusione degli enti pubblici con la Montedison per alterare dati e tranquillizzare”.
Il Forum, inoltre, sottolinea che “la requisitoria dei pm Mantini e Bellelli, al di la’ di quello che decidera’ il collegio giudicante sulle responsabilita’ personali, rimarra’ una pietra miliare per la conoscenza di uno dei peggiori disastri ambientali europei. Una ricostruzione puntigliosa e dettagliata resa possibile anche dal lavoro del Corpo forestale dello Stato. Documento dopo documento, attraverso la loro proiezione in aula, e’ andato in scena un vero e proprio dramma ambientale. Ora attendiamo le conclusioni della requisitoria e le decisioni dei giudici, ma i dati emersi sull’inquinamento sono letteralmente sconvolgenti e impongono solo una cosa: la bonifica totale senza le scorciatoie che qualcuno ancora oggi osa proporre”.
E l’autrice della requisitoria, il magistrato Anna Rita Mantini , ha rimarcato in aula che “c’è il “erribile sospetto che anche i dati pubblici venivano alterati”.. Il pm nella sua ricostruzione dei fatti ha fatto vedere un appunto interno Montedison del 2001 con scritto “clorurati in falda h2o – obiettivi di bonifica concordati con enti che danno valori residuali superiori a quelli in tabella”. Per l’accusa insomma si tratterebbe di una ”sistematica falsificazione dei dati”, affermazione supportata da alcune slide con le tabelle dove i dati del mercurio veri e quelli falsi passavano, ad esempio, da 100 a 14 per lo stesso pozzetto. Il pm in aula ha fatto vedere una e-mail interna tra due dipendenti in cui ”ci si lamentava con l’altro che era troppo sistematica l’alterazione”.
La Mantini ha poi proseguito raccontando che in uno studio di una società, la Erl del 1993, realizzato proprio per la Montedison si parlava esplicitamente di ‘probabile rischio per prodotti agricoli’ e ‘preoccupazione per eventuali utenti dell’acqua sotterranea a valle dello stabilimento e a valle delle discariche’ PM, a Bussi i crimini peggiori “Sono stati commessi crimini tra i peggiori del genere in Italia, sulla testa di decine di migliaia di persone. Le pubbliche autorità avvertirono Montedison dell’inquinamento delle acque dei pozzi e non i cittadini, le vittime”.
Discarica Bussi: dai Pm richieste condanne fino a oltre 12 anni
Richiese di condanna fino ad un massimo di 12 anni e 8 mesi di reclusione sono state chieste oggi dai pm Anna Rita Mantini e Giuseppe Bellelli al termine della loro requisitoria nel processo, in Corte d’Assise a Chieti, relativo alla mega discarica di rifiuti tossici rinvenuta nel marzo 2007 a Bussi sul Tirino (Pescara). Sul banco degli imputati, il processo si svolge a porte chiuse, 19 persone, quasi tutti ex amministratori e vertici della Montedison che gestiva il sito industriale a Bussi. Le accuse sono di avvelenamento delle acque e disastro ambientale colposo. La condanna piu’ pesante e’ stata chiesta nei confronti di Carlo Cogliati, 75 anni, all’epoca dei fatti, amministratore delegato pro tempore di Ausimont. Quella piu’ lieve, 4 anni, per Nicola Sabatini, 87 anni, vice direttore pro tempore della Montedison di Bussi (1963-1975). Assoluzione solo per Maurizio Piazzardi, 42 anni, perito chimico.
Discarica Bussi: nel sito 500 mila tonnellate di rifiuti
Nella primavera del 2007, il personale del Comando provinciale di Pescara del Corpo forestale dello Stato, guidato dell’allora comandante Guido Conti, scopriva, sepolta nella verdeggiante Valle del fiume Pescara, la discarica abusiva di rifiuti tossici piu’ grande d’Europa, una superficie grande come venti campi di calcio, per un totale di 500 mila tonnellate di rifiuti. Ha inizio cosi’ il processo che vede imputate diciannove persone nei confronti delle quali ogggi ci sono state le richieste di condanna da parte dell’accusa nel processo che si celebra in Corte d’Assise a Chieti. L’inchiesta, comunque, e’ della Procura di Pescara.
Per decenni la discarica di Bussi sarebbe stata destinata a smaltire illegalmente una quantita’ enorme di tonnellate di scarti di lavorazione chimiche ed industriali. In particolare il cloroformio, il tetracloruro di carbonio, l’esacloroetano, il tricloroetilene, triclorobenzeni, metalli pesanti, tanto da essere stata definita una delle piu’ grandi discariche nascoste di sostanze tossiche e pericolose mai trovate. Un disastro ambientale di enorme entita’. L’esacloroetano e’ stato il vero filo d’arianna, in quanto ha consentito di collegare in maniera inequivocabile la discarica di Bussi e l’acqua di rete. Su 43 parametri presi in considerazione, per 35 sono stati riscontrati superamenti delle concentrazioni soglia di contaminazione per la falda superficiale e 23 per la falda profonda. La stragrande maggioranza dei piezometri della rete di monitoraggio all’interno dell’area industriale ha evidenziato superamenti dei limiti. Alcune sostanze hanno mostrato superamenti di enorme entitá: il cloroformio 453.333 volte i limiti nella falda superficiale e 46.607 volte nella falda profonda; il tricloroetilene 193.333 volte nella falda superficiale e 156 nella profonda. Il mercurio 2.100 volte nella falda superficiale; il diclorometano 1.073.333 volte in falda superficiale e 3.267 volte nella falda profonda, il tetracloruro di carbonio 666.667 volte nella falda superficiale e 3.733 volte nella falda profonda. I monitoraggi ambientali sono quelli realizzati dalla societá Environ per conto dell’attuale proprietaria del sito industriale di Bussi, la Solvay Spa, che nel frattempo si e’ costituita parte civile nel processo penale in corso.