Varone: l’amnistia serve a chi in carcere non ci va

varonePescara. L’amnistia è un argomento tornato in auge nel dibattito politico dopo il caso Berlusconi e l’appello del presidente della Repubblica Napolitano. Un provvedimento che sarà discusso in Senato a partire da martedì prossimo ma che ha già scatenato un acceso dibattito. Sul proprio profilo facebook, Gennaro Varone, magistrato della Procura di Pescara, ha espresso il proprio pensiero in merito.

Di seguito l’intervento integrale:

Amnistia?
Il Presidente Napolitano ha chiesto al Parlamento di valutare l’amnistia o l’indulto.
L’autorevolezza ed, anzi l’istituzionalità apicale del messaggio, rendono arduo dissentire. Ed è certo che la situazione delle carceri italiane è drammatica.
In realtà è il carcere, ad essere un luogo terribile; e l’edilizia carceraria italiana (per quello che ho potuto vedere) non è certamente da prendere a modello. 
Il sovraffollamento pone un problema di coscienza, perché credo sia troppo facile dire “sono delinquenti, che stiano dentro”. Al senso vero di umanità, le persone di buona volontà, non devono mai rinunziare.
Ma c’è un ma, che vorrei rappresentare. 
Il sovraffollamento è un fenomeno che, come tutti i fenomeni ha cause osservabili e descrivibili. Ignorarle, non è un buon modo di procedere, se l’intento è contenere quel fenomeno.
Il punto è che se la finalità è ridurre il sovraffollamento, l’amnistia serve davvero a poco. E dico perché. 
L’amnistia, per forza di cose, non potrà colpire i reati davvero gravi (cioè, quelli per i quali si sta in carcere, ormai). Tradizionalmente prevista per reati puniti con pena non superiore a 4 anni di reclusione, se dovesse essere approvata in questi termini, o appena più ampi, ‘sfollerebbe’ pochissimo.
Ma il punto non è neppure questo (o non soltanto questo). E’ che anche gli ‘sfollati’, essendo, con tutta probabilità, delinquenti (mi si perdoni il termine) seriali (cioè, persone che commettono reati per condizione di vita: es.: i tossicodipendenti, i narcotrafficanti) essi torneranno in carcere assai presto, per i nuovi reati commessi. Quindi, il problema del sovraffollamento si riproporrà tra pochi mesi.
A fronte di pochi effetti positivi (uno sarà la verticale caduta del carico di lavoro dei magistrati: ma i magistrati non devono essere sgravati di lavoro, devono essere messi in condizione di lavorare), ve ne saranno di negativi, che avvertiremo tutti:
a) gli autori di reati liberi, torneranno a delinquere. Non è un controsenso che il Parlamento abbia, soltanto nell’agosto scorso, imposto l’arresto obbligatorio di stalker e maltrattatori (legge sul femminicidio) e che qualche mese dopo ne ordini la liberazione?
b) l’aministia servirà, soprattutto, a chi in carcere NON CI VA: i vari ‘colletti bianchi’, i quali, avendo riportato condanne a pene non elevatissime -che non sarebbero andati in carcere, ma avrebbero dovuto smettere di occuparsi della cosa pubblica- si troveranno, improvvisamente, con la fedina pulita, pronti per ricominciare. 
L’amnistia servirà a cittadini come Silvio Berlusconi (ed attenzione: ho detto: “come”; non: “a”). E non credo si possa mettere in discussione questa verità elementare.
In conclusione: se si vuole restituire dignità al nostro sistema punitivo, sono altre le strade; l’amnistia è un palliativo, rispetto all’obiettivo dichiarato, mentre sarà efficacissima per porre molti in condizione di tornare a nuocere alle persone di buona volontà.
Il problema va affrontato, ma senza dogmi e senza intangibilità alle critiche. Ci sarebbero altre cose da fare: una edilizia moderna; un aumento delle assunzioni tra gli agenti di polizia penitenziaria, i direttori e gli educatori; un potenziamento delle misure alternative. La eliminazione di alcuni ingiustificati inasprimenti di pene per reati di poco conto. Ed una profonda riforma della formazione, per chi opera nel settore giustizia.


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