Il primo blocco martedì, il secondo questa mattina: come annunciato dai sindacati, anche stamane gli operai della cementeria Italcementi sono scesi in strada, sulla Tiburtina, per protestare contro la decisione della proprietà di chiudere lo stabilimento da gennaio 2014. Un blocco pacifico dell’arteria stradale, con il traffico rallentato ma non paralizato, causato dallo sciopero di 4 ore che i 78 dipendenti hanno attuato contro le decisioni dirigenziali. Ma sono circa 150, considerato anche l’indotto, i lavoratori provenienti da tutta la Val Pescara a rischiare il posto. Proprio per questo, ad affiancare la protesta degli operai ci sono ci sono diversi sindaci: da quello del Comune di Scafa a quelli dei centri limitrofi. I sindacati, ora, attendono di conoscere la data dell’incontro con il ministro Gaetano Quagliariello e con il sottosegretario Giovanni Legnini richiesto dal presidente della Provincia Testa e dal vice-governatore regionale Castiglione. “Il nostro L’auspicio”, afferma Giovanni Panza dela Uil, “è che l’incontro avvenga prima del 10 settembre, quando è stato annunciato un incontro al ministero dello Sviluppo economico per la modifica della cassa integrazione da ristrutturazione aziendale a cessazione dell’attività”.
Il 5 settembre il presidente della Provincia di Pescara, il vicepresidente della Regione Abruzzo, il sindaco di Scafa e i rappresentanti sindacali saranno ricevuti dal ministro Gaetano Quagliariello e dal sottosegretario Giovanni Legnini per discutere della vertenza Italcementi. “Dopo la riunione dei giorni scorsi in Confindustria e la lettera inviata ai rappresentanti abruzzesi presenti al Governo nazionale – ha detto stamattina il presidente della Provincia Guerino Testa incontrando a Scafa i lavoratori che hanno bloccato nuovamente la Tiburtina – ho avuto la massima disponibilità da Legnini e Quagliariello affinché la vertenza dei lavoratori della Italcementi diventi una questione nazionale. Il nostro obiettivo è fare una sana pressione prima della riunione del Mise fissata per il 10 settembre e dedicata alla trasformazione della cassa integrazione. Faremo di tutto per salvare i posti di lavoro mantenendo in piedi un’azienda grazie alla quale è cresciuta l’economia del territorio”. Prima del 5, i sindacati e i lavoratori stileranno con Testa e Castiglione un documento condiviso da sottoporre all’attenzione dei rappresentanti del Governo Letta. Al centro del documento la richiesta di non chiudere lo stabilimento di Scafa con la riconferma dell’accordo firmato al ministero del Lavoro a gennaio 2013 nel quale si parlava di una ristrutturazione dell’azienda col mantenimento del sito produttivo. Si chiederà inoltre di escludere l’ipotesi di vendere sul mercato abruzzese cemento proveniente da altri stabilimenti e di non favorire ulteriori investimenti su altre cementerie in Abruzzo, a scapito dello stabilimento di Scafa che è presente da 150 sul territorio e conta oggi circa 150 dipendenti, direttamente e tramite indotto.
“La chiusura dell’impianto di Scafa dipende dal perdurare delle condizioni del mercato del cemento in Italia, che registrano un volume di vendite più che dimezzato rispetto a sette anni fa. Una situazione nota a livello nazionale, dopo che sia l’Aitec (associazione di settore dei produttori di cemento), sia l’Ance (associazione di settore dei costruttori) hanno evidenziato i numeri di una crisi drammatica per tutta la filiera delle costruzioni”: lo afferma, in una nota scritta oggi, la Italcementi, azienda proprietaria dello stabilimento di Scafa.
La società spiega così le ragioni che hanno portato alla decisione di cessare l’attività in Val Pescara: “Le vendite nel nostro Paese hanno registrato nel primo semestre del 2013 una ennesima consistente diminuzione. I dati del Ministero dello Sviluppo Economico parlano di una ulteriore caduta del 18,2% tra gennaio e aprile 2013 rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente, che già aveva registrato un drastico calo dei volumi. L’andamento del mercato del cemento, del resto, rispecchia il momento difficilissimo che il comparto delle costruzioni sta attraversando. I dati diffusi a luglio dall’Ance parlano infatti di 690 mila posti di lavoro complessivamente persi in tutta la filiera negli ultimi cinque anni a causa della crisi del settore. Per fare fronte a questa situazione Italcementi ha varato un piano che prevede la razionalizzazione della propria rete produttiva, con la chiusura di alcuni impianti e la ristrutturazione di altri, scelti in base a una analisi complessiva del mercato italiano, al fine di mantenere il proprio apparato produttivo efficiente dal punto di vista industriale e adeguato ai mutati volumi di vendita. Questo”, conclude Italcementi, “potrà garantire la tenuta dell’azienda in una fase drammatica del mercato”.