Pescara. La scusa della sigaretta non concessa per pestarlo brutalmente e lasciarlo in una pozza di sangue. Gli amici della vittima diciassettenne incastrano il branco di coetanei risalendo alle foto di Facebook. Le brutali immagini riprese dalle telecamere di sorveglianza di piazza Primo Maggio
C’è davvero di tutto in questa storia. C’è la brutale violenza che ha mandato un ragazzino di 17 anni in ospedale per 60 giorni, con due dita fratturate e il setto nasale da ricostruire con un’operazione chirurgica in anestesia totale. Alla disperazione che si nasconde nel profondo di un fenomeno etichettato come bullismo, di cinque 17enni che festeggiano un compleanno ubriacandosi in strada e pestando un coetaneo per sfizio, mistificando con la forza dei pugni la fragilità tipica dell’adolescenza. C’è la sfrontatezza di un neo maggiorenne che affronta la vita come un boss della malavita e minaccia, ma solo virtualmente, gli “infami” che hanno testimoniato la sua malefatta alla polizia. C’è il coraggio del 17enne malmenato di rialzarsi dalla pozza di sangue in cui lo hanno lasciato e di denunciare tutto. C’è l’astuzia e la fedeltà dei suoi amici, che in poche ore rintracciano su Facebook tutti i componenti del branco e agevolano le indagini della squadra omicidi che hanno portato, stamani, all’arresto del 18enne Edgar Flacco per lesioni volontarie gravi (prognosi superiore ai 40 giorni) aggravate dai futili motivi, e alla denuncia al tribunale dei minori di L’Aquila dei suoi 4 complici, tutti al di sotto dei 18 anni.
LA SIGARETTA NEGATA E GIU’ DI BOTTE
C’è ben poco da riferire su quanto accaduto intorno alle 17 del 20 aprile scorso. Parlano fin troppo chiaramente le telecamere del circuito di sorveglianza del Comune installate in piazza Primo Maggio, cuore pulsante del centro di Pescara. Marco (nome di fantasia della vittima), rincasava dopo una passeggiata sulla riviera nord, tagliando per i giardinetti, dove 12 giovanissimi stavano festeggiando i 17 anni di uno di loro stappando bottiglie di birra. “Oh ce l’hai ‘na sigaretta?”, gli fa uno che gli si para davanti, ma è solo un pretesto. Marco risponde negativamente e in pochi istanti si trova accerchiato. Da dietro ne spuntano altri due, un calcio e un pugno lo spingono verso la panchina dove è seduto l’intero branco, viene trascinato sul prato di un’aiuola e in cinque gli fanno piovere calci e pugni da tutte le parti. Una frenesia che dura pochi secondi, come quella che scatena i piranha affamati: uno parte e tutti gli altri lo seguono. Lunghissimi i 10 secondi di selvaggia aggressione, poi subentra la paura che riaccende il cervello dei 5 bulli e il mucchio si allarga. Marco cerca di rialzarsi, non ce la fa e cade faccia a terra al centro del vialetto. Tutto attorno è il panico, le ragazzine presenti scappano impaurite, un ragazzo straniero cerca di sottrarre Marco alle scarpate che gli piombano addosso ma viene allontanato. Uno tra quelli del party si alza con tutta calma dalla panchina, gesticola indicando ad altri la scena come se fosse la più normale del mondo, dà un ultimo sguardo da vicino e poi si allontana tranquillo. Marco, adrenalina e rabbia in corpo, alla fine si rialza e va a sciacquarsi alla fontanella più vicina. Il dolore arriverà dopo, qualche passo più in là, davanti alle facce attonite di un padre e di una madre che avevano visto il figlio uscire sano e tornare a brandelli. Quei cinque, intanto, sono scappati a lavarsi il sangue dai vestiti e a curarsi le nocche dei pugni consumate.
MARCO RACCONTA: GLI AMICI LO AIUTANO
Mentre mamma e papà lo portano in ospedale, con le dita rotte, il naso spaccato e lividi ovunque, il ragazzino pestato reagisce alla violenza, fisica e morale, contatta i suoi amici per raccontare cosa gli è successo. Vari i gruppetti che frequentano i giardini di fronte al museo Colonna, facce che alla fine si conoscono tutte. Gli amici di Marco ci mettono pochissimo, e mentre dal Pronto soccorso parte la denuncia alla polizia, loro da investigatori improvvisati sono riusciti a scoprire chi c’era a quella festa e chi sono quelli che hanno ridotto il loro amico nella pozza di sangue dove, in finale, è stato lasciato senza il minimo soccorso. La prima cosa che fa oggi un ragazzo quando sente un nome, è digitarlo nella casella di ricerca di Facebook: e sotto a quei nomi spuntano le foto scattate alle 16:30 davanti alla Nave di Cascella. Tutti e 12 in posa, bottiglie in mano, attorno al festeggiato. Un lavoro praticamente già svolto per Guido Camerano, dirigente della seconda sezione della questura, la Omicidi. Una bazzecola, a quel punto, ricollegare i volti e i vestiti a quelli catturati dal video a circuito chiuso. Aggressori e testimoni sono solo da andare a prendere a casa e interrogare. Dal 20 aprile ad oggi, la Omicidi ha ascoltato chi si è macchiato di quel sangue, ha raccolto i dettagli da chi, dopo quel giorno, ha preso le distanze da un gruppetto che sarà pure “figo” da guardare e farà pure sentire protetti, ma è solo da allontanare quando mostra la sua vera e spaventosa natura.
LE MINACCE AGLI INFAMI E IL MITO DELLA BANDA
L’unico finito in carcere, perché maggiorenne da pochi mesi, si chiama Edgar Flacco, bielorusso adottato da una coppia della provincia teatina. Niente scuola e un lavoro precario iniziato pochi giorni prima dell’aggressione. E’ destinata a lui la richiesta di custodia cautelare emessa dal Gip di Pescara Maria Michela Di Fine, su richiesta del Pm Annarita Mantini. Sulla propria pagina Facebook il diciottenne, che non ha precedenti di alcun genere, si definisce “Il boss”, e non è l’unico elemento di fascinazione che mostra per l’andazzo criminale. La mitizzazione, dal 20 aprile in poi, si è mischiata con delle poco velate minacce rivolte a chi, interrogato dalla polizia, parlava e riferiva quanto successo in piazza Primo Maggio. “Dio perdona, la banda no”, scrive Flacco sul social network pochi giorni dopo il fattaccio, riprendendo il motto della celebre serie tv Romanzo Criminale. Poi, tra le foto dal parrucchiere e dal tatuatore, quelle in discoteca corredati dagli apprezzamenti per le ragazze incontrate nella movida, una crescendo di riferimenti al pestaggio e di avvertimenti agli “infami”.
22 aprile – Avvolte nella vita si fanno dei sbagli grossi ma quei sbagli che ai fatto ti potranno anche essere utile ma a me di sbagliare non mi interessa perche non me ne.frega 1 cazzo se sbaglio Pazienza.
5 maggio – Il gioco e bello quando dura poco ma se ha dei amici infami allora li devi solo manda a fanculo.
6 maggio – Tu lo sai che t’ho scoperto pero fai sempre finta di niente 6 solo 1 lecca culo del cazzo.
7 maggio – La gente mi dice che devo cambia amicizzia e mi sa che a raggione perche se non mi posso fida.ne.manco.dei.miei amici.allora a sto punto e meglio essere soli cosi non ti rubbano i tuoi amici infami
9 maggio – Amici e amiche mi sa che sara ultimo sabato e domenica che mi vedrete vi vorro sempre bene sono stati 4 anni fi follia e storie belle ma pultroppo il gruppo e quasi andato a puttane era unico gruppo di pescara che era cosi sempre unito ma ora mi sa che non.lo sara piu sabato faremmo festa al mare venite tutti non mancate 1 bacio
30 maggio – Da ogg provero a cambiare perche o capito tante.cose nella vita ci vogliono amici.seri e nn.ci stanno e.se.ci stanno se.son pochi e.io ora nn mi.fido.di nessuno
Poi, il 4 giugno, quando il cerchio gli si stringe attorno, Edgar Flacco scrive il suo ultimo messaggio pubblicato: Tutti mi chiedono che fine ho fatto che non mi faccio senti più o non mi faccio vede lo so pero datemi anche i miei spazzi o dedicato troppo tempo a vuoi che per me stesso e allora ora sto a riparare 1 po di cose tutto qua non mi hanno messo in galera come pensa certa gente sensa fa i nomi. mi faro risentire a pju presto tranquilli.
COSENTINO: NON SOTTOSTATE ALLA VIOLENZA
Il vice-capo della squadra mobile, Dante Cosentino, questa mattina in conferenza stampa ha ringraziato chi era presente al pestaggio e, preso da una certa resipiscenza, ha collaborato all’individuazione dei responsabili, soprattutto prendendone le distanze. L’appello lanciato è quello di prendere l’esempio da Marco: “Non rimanete vittima dei bulli e della loro violenza”, dice Cosentino a tutti i giovani, “denunciate ogni vessazione o se assistite a quella subita da qualche amico”.
“Il cosiddetto branco”, aggiunge il dirigente della polizia, “ha il solo scopo di prevalere sul prossimo e sugli estranei al gruppo: solo sottraendosi al dominio psicologico si riesce a sconfiggere il bullismo”.
Daniele Galli