Tanto a destra quanto a sinistra: per Giuseppe Bellelli, pubblica accusa al processo Sanitopoli, la politica abruzzese avrebbe “mangiato” con la sanità almeno negli ultimi dieci anni, nonostante l’avvicendamento di diverse coalizioni politiche a capo della Giunta. Tagliente come un bisturi, il pm ha tenuto oggi in aula una requisitoria che mette al microscopio anche gli anni precedenti al mandato di Ottaviano Del Turco, ex governatore e principale imputati (di 25) al processo sulle presunte tangenti che legano la Regione con la sanità privata: un collante da 15 milioni di euro. Se il grande fondatore del Pd avrebbe “mangiato”, stante le accuse di Vincenzo Angelini, sulla clinica privata Villa Pini, il suo predecessore Giovanni Pace non avrebbe la coscienza meno sporca. Bellelli, a conclusione di un lungo processo che ha visto colpi di scena e atti plateali, stamani si è rifatto alle deposizioni di Giancarlo Masciarelli, ex presidente della Finanziaria regionale abruzzese, imputato che ha già patteggiato 3 anni e 4 mesi di reclusione per questo procedimento e per quello riguardante la Fira, chiamato al banco dei testimoni dalla parte civile Regione Abruzzo. E’ lui l’uomo delle cartolarizzazioni in mezzo ad una folta schiera accusata di associazione per delinquere, corruzione, abuso, concussione, falso.
“Lo scempio del denaro pubblico c’è nella prima e nella seconda cartolarizzazione ed è ordito, studiato con meccanismi raffinatissimi da Masciarelli ed è voluto dalla seconda giunta in modo più infido”: Bellelli riprende la deposizione di Masciarelli e sottolinea quel “seconda” per sottolineare gli elementi comuni tra le amministrazioni Pace e Del Turco. “Il filo conduttore”, ha detto il magistrato, “può essere sintetizzato purtroppo in una frase: ‘noi siamo il partito dei soldi’”. Secondo Bellelli “gli elementi comuni raccontano un modus operandi che portò all’espropriazione dei poteri iniziata con la giunta di centrodestra e conclusa con quella di centrosinistra. In questo sistema i servi vanno avanti e sono gratificati, mentre gli uomini che rispettano la legge vengono minacciati, cacciati ed esautorati. Questi volevano far risparmiare i soldi alla collettività, ma il partito dei soldi invece pretendeva la loro testa”. Per il pm “la prima e la seconda cartolarizzazione la scrivono le banche. Eravamo”, ha sottolineato, “in mano a questi speculatori e faccendieri. Masciarelli anche quando si dimette se lo tengono Del Turco e compagni. Tenteranno di rinnegarlo solo quando sarà arrestato”. Bellelli ha inoltre detto che “il vero momento di discontinuità del modus operandi e’ il 26 ottobre 2006, giorno dell’arresto di Giancarlo Masciarelli, e l’uscita finalmente di questo personaggio dal quadro affaristico che aveva determinato le vicende di questa regione”
Una differenza tra Pd e Pdl però, secondo la requisitoria di stamani, Bellelli l’ha trovata: “ La giunta di centro destra garantì la pax per tutte le cliniche con danno al bilancio sanitario. Il vento nuovo arrivò ma solo per gli abruzzesi ingenui con le elezioni del 3 aprile 2005”, giorno dell’elezione di Del Turco, “mentre la corruzione rimaneva bipartisan e culmina con la seconda cartolarizzazione che è tombale”. “Per Angelini finisce il tempo delle vacche grasse”, ha detto ancora Bellelli, “e iniziano i viaggi a Collelongo”, residenza del governatore del centrosinistra dove il boss della clinica sarebbe andato a consegnare le bustarelle.
Angelini figura ingenua, ma attendibile. Un pm lo demolisce moralmente, l’altro lo tiene in piedi come testimone chiave. Bellelli parla dell’ex titolare di Villa Pini come del più ingenuo fra gli imprenditori: “Facevano credere ad Angelini”, sostiene il magristrato, “che gli facevano un favore altrimenti i soldi come glieli prendono. Cosa va a fare a Collelongo?”. Un tranello teso dagli imputati che per Bellelli “hanno il potere assoluto che porta alla piena ricattabilità del ricattatore Angelini” . In primis “Del Turco che imponeva un sistema di gestione illegale con i rapporti con le case di cura, imperniato sulla mancanza di trasparenza, imparzialità e buon andamento”. L’altro pubblico ministero di Sanitopoli, Giampiero Di Florio, ritiene “Angelini totalmente attendibile”, riaffermando convintamente la fiducia dell’accusa nella sua “gola profonda” anche dopo la brutta figura sul giaccone sbagliato. “Ne siamo ancora convinti”, ha detto Di Florio, “ha reso le sue dichiarazioni spontaneamente e hanno il carattere della precisione, della costanza e sono in qualche modo concatenate l’una all’altra. Si è accusato di reato, non è venuto da noi con passpartout. Non c’è una sola sbavatura. Non ci ha guadagnato nulla, oggi è fallito e non ha più rapporti con la Regione”. Fornire una prova fondamentale come una foto testimoniante la consegna dei soldi, demolita a causa di un giubbino prodotto nel 2011 e immortalato nel 2007 e scusarsi con un “Mi sono confuso”, per i magistrati non basta a demolire l’attendibilità di Angelini. “L’unica sbavatura quella del giubbino”, ammette Di Florio, “ma la sua buona fede era dentro le tasche dove c’era l’unico elemento che poteva ricondurre quel giaccone alla messa in commercio al 2011″. E nemmeno la bancarotta che ha colpito Villa Pini può gettare dubbi su Angelini: “Abbiamo fatto entrare qui carte del processo relativo alla bancarotta”, ha concluso Di Florio, alzando la testa con fierezza, “qualcuno era convito che fosse la cartina di tornasole e che potesse uscire impunito da questo processo”.
La sentenza sarà pronunciata il prossimo 18 luglio, e non il 19 come annunciato: lo ha rettificato Il presidente del collegio prima dell’inizio della requisitoria.