Pescara. Ancora altissima la tensione tra rom e ultras attorno all’omicidio di Domenico Rigante. Si è sfiorata la rissa, oggi in tribunale, nel corso dell’udienza preliminare a carico dei 5 Ciarelli accusati di aver freddato il giovane tifoso biancazzurro la sera del primo maggio scorso.
Le scene dei cortei organizzati l’indomani dei funerali di Domenico Rigante sembrano lontane. E invece quelle atmosfere sono ancora attualissime. La tensione che si è instaurata tra la tifoseria biancazzurra e i rom pescaresi è ancora fortissima. A crearla è stata la morte di Rigante, capo ultras dei Pescara Rangers ucciso la sera del primo maggio dalla pistola di Massimo Ciarelli, imputato come capo dello squadrone composto dal nipote Domenico e dai cugini Luigi, Antonio e Angelo. Da allora, è guerra giurata.
Questa mattina, in tribunale a Pescara, l’udienza preliminare per i cinque nomadi accusati di omicidio volontario premeditato e porto abusivo di arma. All’uscita dall’aula, però, è scoppiato il pandemonio tra i presenti. A seguire l’udienza, infatti, c’erano i genitori e i parenti di Rigante e alcuni amici del ‘gemellone’ appartenenti alla frangia ultras. Dall’altra parte, invece, vari familiari dei 5 imputati. Fin troppo prevedibile lo scontro: inizialmente verbale, ingiurie e insulti che non hanno risparmiato nemmeno l’avvocato Carlo Taormina, legale dei Ciarelli, poi la rissa sfiorata. Secondo quanto riferito dai presenti, alcuni rom avrebbero addirittura smontato le gambe dei tavolini del tribunale per brandirli come mazze. Sembrerebbe anche che gli stessi avessero dei bastoni riposti nelle automobili. A riportare la calma, prima dell’irrimediabile, ci hanno pensato le folte schiere di polizia e carabinieri in assetto antisommossa presenti sul posto.
LO STRISCIONE: VOGLIAMO GIUSTIZIA
“Hanno ammazzato nostro figlio, l’hanno fatto soffrire come un cane, sapete tutti come e’ andata . Quindi vogliamo giustizia in tempi brevissimi. Fuori c’è uno striscione (in foto) con la scritta giustizia: noi questo vogliamo”. E Pasquale Rigante, padre di Domenico, a spiegare tra le lacrime, le motivazioni di chi oggi era in tribunale per seguire con tribolazione gli
esiti dell’udienza preliminare. “Dopo un anno”, aggiunge papà Rigante, “stare ancora a questo punto non è una cosa bella da sopportare. Ecco come funzionano le cose in Italia e sinceramente è una cosa che mi dà fastidio, sembra che loro sono tutelati e noi no. E ciò non e’ bello. Occorre capire il nostro stato d’animo”.
A reagire in malo modo, oggi in tribunale, sono stati anche il gemello di Domenico, Antonio, e il fratello minore Francesco. “Fa male per chi si ritrova senza un fratello ritrovarsi davanti le persone accusate della morte di Domenico”, li giustifica il papà. Lui, invece, si è mantenuto freddo: “Io mi sono fatto forza perchè so io cosa ho dentro. Mi ha fatto male soprattutto vedere le loro facce, simpatiche, belle, tranquille e che ridevano anche. Questo”, conclude Pasquale Rigante, “è la cosa che non condivo della giustizia italiana”
TAORMINA: SIAMO TUTTI ASSASSINI
La famiglia Ciarelli è ricorsa all’avvocato dei vip: Carlo Taormina, personaggio da talk-show, già difensore di Craxi, Andreotti, Berlusconi, il capitano delle SS Priebke, la mamma di Cogne Annamaria Franzoni. A lui, quindi, il compito di far cadere le pesanti accuse sullo squadrone rom accusato di aver rincorso, malmenato e ucciso con una calibro 38 il giovane Rigante. Da vecchia volpe del Foro, Taormina commenta lapidario dinanzi ai tafferugli odierni: “Non so se il mio assistito è un assassino. Lo dirà il giudice se lo è o meno. Siamo tutti assassini in questo Paese, o in un modo o nell’altro”. “Faremo del nostro meglio”, anticipa senza approfondire l’avvocato, “non possiamo dire quello che intendiamo sostenere. Seguiamo l’evoluzione del processo e da questo ci regoliamo”.
IL QUESTORE ALZA LA GUARDIA
A questo punto, la prossima udienza prevista per il 9 maggio potrebbe produrre nuove scintille. Obbligatorio, quindi, per la uestura alzare la guardia. “Saranno predisposte misure ancora piu’ drastiche”, annuncia il questore Paolo Passamonti, giunto al tribunale di Pescara dopo i tafferugli. “Anche se si trattava di un’udienza a porte chiuse”, spiega, “il servizio èstato predisposto ben conoscendo i soggetti e l’animosità che li anima dall’una e dall’altra parte. Il servizio è andato bene”, commenta, confermando il sequestro di “qualche corpo contundente”.
I VIDEO DEL CORTEO ANTI-ROM