Arrestato Di Santo: il bombarolo nascosto in un casolare a Rosciano-VIDEO

disanto_arrestoPescara. Si nascondeva in un casolare di Rosciano Roberto Di Santo, il ‘bombarolo’ che negli ultimi dieci giorni ha piazzato un ordigno esplosivo in una villetta di Cepagatti e ha mandato in fiamme l’ingresso del tribunale e parte di una casa-famiglia di Chieti. I carabinieri l’hanno fermato stamattina.

E’ stato bloccato questa mattina dai carabinieri Roberto Di Santo, 58 anni originario di Roccamontepiano (Chieti), ormai noto come “il bombarolo” dopo aver piazzato, negli ultimi dieci giorni, prima un ordigno esplosivo in un’abitazione di Villanova di Cepagatti, in via Piemonte, e poi aver dato fuoco all’automobile della sorella davanti al Tribunale di Chieti. L’ultimo colpo di Di Santo risale a due giorni fa quando ha appiccato un altro incendio a Chieti, in una ex casa famiglia all’incrocio di via Madonna degli Angeli, all’inizio di via Maiella.

TUTTO SULLA CATTURA

“Lasciatemi libero altri due giorni, devo andare a Roma, poi sarà io a riconsegnarmi”: ha mantenuto la lucidità anche nel momento della sua cattura Roberto Di Santo. A riferire la prima frase pronunciata alla fine della sua latitanza è stato il comandante provinciale dei carabinieri Marcello Galanzi, che in conferenza stampa nel pomeriggio ha spiegato tutti i dettagli dell’operazione condotta dai militari di Pescara e Chieti, senza nascondere la propria soddisfazione: “Gli abbiamo fatto rispettare il suo ultimatum”, ha sottolineato il colonnello dell’Arma. Già, perché oggi scadeva l’ultimatum di 10 giorni che il bombarolo stesso aveva dato nel primo videomessaggio fatto ritrovare l’8 gennaio: “Se non mi prenderete prima, entro 10 giorni mi consegnerò”. Promessa che non pareva volesse rispettare, almeno non prima di raggiungere Roma: “Devo andare a Roma”, ha detto oggi ai carabinieri, “devo fare l’ultimo atto eclatante per convincere il popolo dell’ingiustizia della società”. Difficile secondo i militari che nella capitale, forse per colpire il Parlamento o il Quirinale, Di Santo potesse mai arrivarci per compiere l’atto finale della sua “rivoluzione sociale”: pochi i mezzi a disposizione, ancora meno i liquidi a disposizione. Ma tanta il genio, quasi sicuramente folle, che il 58enne di Roccamontepiano aveva a disposizione.

UN PIANO CONGEGNATO DA MESI. “Poche chiacchiere ma gentili”, hanno riferito Galanzi e il capitano Clauido Scarponi di essere riusciti a strappare al catturato durante l’interrogatorio tenuto nella caserma pescarese di Rancitelli. Ma in quelle poche parole, che la mente disturbata ha sempre saputo tenere lucide, ha spiegato molti particolari del suo piano. Da 6 anni si era convinto di essere “l’ultimo profeta”, dopo aver iniziato studi di sociologia e psicologia sui testi della biblioteca del carcere in cui è stato detenuto. Le sue teorie, riportate anche sul blog Rodisan.it e su Youtube, sono confluite in ben 3 libri scritti e pubblicati. Un profeta convinto di dover attaccare il marcio del “sistema globale”, ma deciso a curare anche i propri mali, rappresentati dalla gente che non lo pagava per i lavori, da chi lo ha tenuto in carcere, da chi li ha condannato e da chi lo vessava con le tasse da pagare. Obiettivi colpiti, come il tribunale di Chieti, o messi nel prossimo mirino: in uno dei filmati consegnati a Rete8, Di Santo annuncia di voler colpire il carcere di Sulmona o San Donato. L’altro obiettivo colpito è stata la villetta della sorella, in via Piemonte a Villanova di Cepagatti.

“E’ stata quella la molla che lo ha fatto scattare”, ha spiegato Galanzi riferendosi ai dissidi con i vicini di casa di Patrizia Di Santo. La sorella minore del bombarolo aveva acquistato già da tempo un appartamento nello stabile della campagna pescarese, scontrandosi subito con dei problemi condominiali riferiti dall’uomo nei suoi filmati deliranti: una divisione in tre parti della villa risultata sconveniente per la donna, che si era trovata con la finestra al piano terra affacciata sul giardino dei vicini del piano superiore, accusati anche di far scolare al pian terreno acqua e umidità. Anche per questo Patrizia Di Santo aveva incaricato il fratello di ristrutturarle la casa, sfogandosi spesso con lui dei propri dispiaceri, ma senza mai sporgere querela presso le forze dell’ordine o adire a strumenti giuridici per rifarsi dei torti subiti. Di quei torti ha deciso di farsi carico Roberto Di Santo. Fin dall’estate, quindi, ha iniziato a preparare l’incendio della Golf della vicina di casa e il successivo ordigno rudimentale che voleva usare per far saltare per aria tutto lo stabile. “Ha sempre detto che non voleva colpire le persone”, ha sottolineato il capitano Scarponi, “ma la relazione degli artificieri che l’hanno disinnescata spiega che le due bombole di gas potevano causare un incendio devastante”. E gli ultimi 6-8 mesi in cui preparava i suoi colpi, sono stati usati da Di Santo anche per cercare dei nascondigli adatti a coprire la latitanza, prevista con accuratezza anche per i successivi incendi già programmati.

DUE NASCONDIGLI A ROSCIANO. Dopo una ricognizione nelle campagne tra Villanova e Chieti, dove il 58enne ha selezionati varie case e capanni abbandonati, la scelta è ricaduta su un casolare sulla strada della Bonifica nella contrada Pescara Secca di Rosciano. Una vecchia masseria incustodita è stato il nascondiglio del camper, ricevuto in prestito o affitto da un conoscente: al pian terreno del caseggiato rosa ha piazzato il mezzo, dopo averne sgonfiato le ruote per farlo entrare dall’ingresso troppo basso, poi chiuso e mimetizzato con dei teloni. E poche decine di metri distante, tra gli alberi, l’ingegnoso ‘rivoluzionario’ si è costruito un capanno definito dagli investigatori “un loculo, attrezzato con una batteria rudimentale d’emergenza, un nascondiglio d’emergenza dove rifugiarsi se avesse visto avvicinarsi le forze di polizia, dove ha anche bivaccato saltuariamente”. Ma è la nicchia dove custodiva il camper ad essere stata usata come alloggio principale, e ancor di più lo stesso mezzo: all’interno sono stati trovati il televisore portatile dal quale seguiva tg e servizi tv dedicati alla sua vicenda, una bombola di gas piena (ritenuta materiale utile per colpire prossimi obiettivi), una pistola a piombini priva di tappo rosso e munita di proiettili e ricariche a gas, e tanto materiale informatici e fotografico come dvd pieni e vuoti. In quel casolare si era recato già alle 4:30 dell’8 gennaio, dopo aver appiccato il fuoco alla Golf della vicina ‘scomoda’, ci è arrivato a bordo di quel camper che poi da lì non ha più mosso. Una vera e propria base, piena di viveri per settimane e di un generatore elettrico carico di carburante e pronto a funzionare per giorni.

IN GIRO IN BICI E TRUCCATO. È stata la bicicletta il mezzo adoperato per compiere i 15 chilometri che separano Rosciano da Chieti Scalo, dove si è aggirato nei pressi degli studi di Rete8  per consegnare un dvd il 16 gennaio. A Chieti alta, invece, dove ha dato fuoco sia all’automobile piazzata con una bombola di gas all’interno per far esplodere l’ingresso del tribunale, sia all’ex casa famiglia di via Maiella, si pensa possa esserci arrivati in autobus dopo aver lasciato la bici a valle del colle. Questo perché troppo ripida da affrontare in bicicletta sarebbe stata la salita che porta in vetta. Dalla piazza del tribunale, poi, è distante solo pochi passi la scala mobile che porta al terminal degli autobus. L’ipotesi che Di Santo potesse avere un complice ad aiutarlo negli spostamenti non trova ancora elementi validi alla conferma, ma i carabinieri proseguono le indagini prima di archiviarla definitivamente.

Le modalità dell’ultimo rogo, quello nella struttura abbandonata di Madonna degli Angeli, sono state spiegate proprio dall’incendiario ai carabinieri che non riuscivano ancora a spiegarsi come avesse fatto ad essere in bicicletta in viale Abruzzo a lasciare il dvd nella redazione televisiva e quasi contemporaneamente a chilometri di distanza ad appiccare le fiamme. Di Santo, che nell’appartamento al piano terra dell’ex casa famiglia avrebbe dormito qualche notte durante la latitanza, ha prima acceso una candela e poi si è spostato verso gli studi di Rete8: nel frattempo la cera si è squagliata fino a far scendere la fiammella a contatto (forse mediante degli stracci) con i suppellettili che hanno bruciato divampando le fiamme a tutto l’appartamento. E per aggirarsi indisturbato nella stessa città in cui era ricercato, Di Santo si era preparato un bel kit di vestiti e trucchi, ritrovati nel suo camper, oltre ad essersi modificato la capigliatura e aver rasato la barba, in modo da non assomigliare alle foto segnaletiche diffuse. Niente di improvvisato: tutto meditato a lungo e nel dettaglio.

UNA CATTURA VECCHIO STILE. Nessuna intercettazione, nessun rintracciamento satellitare sul cellulare (di cui l’ultima traccia risalirebbe all’8 gennaio nella cella di Chieti): “Per prendere Di Santo abbiamo usato l’intuito e le vecchie maniere”, ha svelato Galanzi. L’obiettivo principale è stato puntato sul camper: trovato quello si sarebbe trovato il bombarolo. Il raggio della ricerca si è stretto attorno all’hinterland, rastrellamenti in macchina e con l’elicottero sulle campagne dove il 58enne avesse potuto trovare una tana per il suo veicolo. Scandagliate quasi tutte le costruzioni fatiscenti e abbandonate dell’agro chietino-pescarese, definito che con una bicicletta non si potevano percorrere più di 20 chilometri, l’elicottero dei carabinieri ieri si è trovato sopra il nascondiglio di Rosciano. Alle 13:15 di oggi il blitz: Di Santo era nel “loculo”, dal quale ha accennato la fuga per poi fermarsi immediatamente senza tentare gesti inconsulti. Dopo la “cortese richiesta” di un supplemento di libertà, il ‘bombarolo’ si è consegnato mostrando tre dita con la mano destra, lo stesso gesto, di probabile riferimento mistico, che ha mostrato alle telecamere di Rete8 quando ha consegnato il dvd. “Ha ammesso tutti gli atti compiuti, sostenendo di avere pienamente ragione a comportarsi così”, ha riferito il capitano Scarponi, “ci ha chiesto di lasciarlo libero di agire perché nell’interesse di tutti”. “Ha cercato di renderci suoi adepti, definendosi un profeta”, ha sottolineato Galanzi, “per questo verrà sottoposto ad una perizia psichiatrica per dimostrare se ha una personalità disturbata”.

BOOM, CI VEDIAMO A ROMA. Le parole chiare e determinate, pronunciate da uno squilibrato ma che seguono una logica propria: “Non ha mostrato assolutamente di essere pentito né di  voler desistere”, hanno concluso i due ufficiali dell’Arma, “il suo obiettivo finale rimaneva Roma, ma non ci sarebbe mai arrivato”. Sul tavolino all’interno del camper, infatti, con un pennarello nero Di Santo ha scritto a caratteri cubitali: “Boom, ci vediamo a Roma”. Si potrebbe ipotizzare, quindi, che meditasse di spostarsi verso la capitale con un più discreto autobus o treno, comunque di voler abbandonare il camper, quasi avesse fiutato di essere scoperto.

In serata sarà rinchiuso nel carcere pescarese di San Donato, dove lunedì sarà sottoposto all’interrogatorio di garanzia dal magistrato, affiancato dal difensore di fiducia: l’avvocato Di Pietro del foro di Pescara. I capi d’accusa a suo carico sono tentata strage, danneggiamento e incendio dolosi: tutti “reati di pericolo” che non lasciano pensare ad una custodia cautelare al di fuori di un penitenziario. Ma difficilmente qualcuno potrà ipotizzare di lasciare ancora in libertà il bombarolo che ha gettato nel panico mezza regione e tenuto sotto scatto le forze dell’ordine per dieci giorni.

 

Daniele Galli


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