Da testimone di punta di un omicidio a spacciatore in pochi giorni.
Quando Tommaso Cagnetta fu ferito a morte, il pomeriggio del 2 luglio scorso, Ivan Battaiola fu uno dei primi a soccorrerlo. Per la Squadra Mobile, che da 7 mesi indaga sull’omicidio del tossicodipendente 42enne, episodio legato allo spaccio, il 34enne di origini palermitane è diventato subito uno dei testimoni chiave. Lui c’era quel pomeriggio quando Cagnetta, per inseguire due ‘tossici’ in fuga per non aver voluto dare una decina di euro in più alla pusher di fiducia, si è beccato una pallottola vagante nel piazzale del Ferro di Cavallo di via Tavo, secondo gli inquirenti esplosa da Angelo Ciarelli, rom appartenente alla nota famiglia che detiene il mercato al dettaglio della droga a Rancitelli. Battaiola era tra quelli che raccolsero Cagnetta in fin di vita e lo caricarono su un’automobile per portarlo di corsa, ma inutilmente, al pronto soccorso.
Molto difficile, per il siciliano residente in città, non aver assistito alla lite tra spacciatrice e clienti e, soprattutto, non aver visto chi ha estratto una calibro 38 e fatto fuoco, uccidendo erroneamente Cagnetta, che si era messo all’inseguimento della coppia in fuga. Battaiola fu immediatamente portato in questura, dove accusò Angelo Ciarelli: deposizione fondamentale, insieme ad altre, per mettere in manette il rom, attualmente in carcere in attesa del processo a giudizio immediato. Due settimane più tardi, il 19 luglio, Battaiola viene riconvocato con gli altri testimoni per l’incidente probatorio dinanzi al Gip Maria Carla Sacco e al Ciarelli, a riferire quanto di quello sfortunato episodio sapessero. E il 34enne, a sorpresa, ritratta tutto.
Il suo dietrofront, però, non è bastato a scagionare Angelo Ciarelli, che nel tombino di casa deteneva un calzino riempito con 13 proiettili compatibili con quello fatale a Cagnetta. E a screditare la seconda versione di Battaiola ci sono anche le intercettazioni che la Procura, già all’indomani dell’omicidio, aveva disposto sul suo telefono. Le comunicazioni tra il giovane e due donne appartenenti al clan Ciarelli hanno, infatti, portato il Gip Sacco ad aprire un secondo filone di indagine.
Forse proprio per ‘ammansire’ il giovane, già conosciuto nel cortile della spaccio di via Tavo, secondo gli inquirenti i Ciarelli gli hanno offerto un ruolo di punta: al telefono con le familiari di Angelo, Battaiola viene investito prima della mansione di ‘palo’, ovvero piazzato ad avvertire le due donne impegnate a spacciare della presenza in zona delle forze dell’ordine. Poi sale di grado: numerosi testimoni interrogati successivamente dalla Mobile hanno riferito che Battaiola, dal quale erano soliti rifornirsi di piccoli quantitativi di droga, aveva mostrato di essere in grado di assicurare la fornitura delle dosi di cocaina ed eroina a qualunque ora del giorno e della notte. Resta ancora da appurare, però, da chi il palermitano si rivolgesse per rifornirsi della merce da spacciare.
Se il reparto guidato da Pierfrancesco Muriana non può ancora dimostrare che la ritrattazione delle accuse sia legata agli affari intrapresi con la famiglia rom, è stato però chiarito che Battaiola abbia taciuto per timore di ripercussioni dai Ciarelli. Lo ammette lo stesso 34enne al telefono con la fidanzata, al quale si dice rincuorato dalla pubblicazione sulla stampa della propria deposizione a favore dell’indagato per omicidio rilasciata durante l’incidente probatorio: “Sono ancora vivo grazie a questo” è la frase intercettata dalla polizia.
Oggi i poliziotti hanno dato esecuzione all’ordinanza di arresto firmata dal Gip Mariacarla Sacco su richiesta del sostituto procuratore Valentina D’Agostino, sussistendo a carico di Ivan Battaiola gravi indizi di colpevolezza in ordine ad una reiterata e costante attività di spaccio di sostanze stupefacenti.