Pescara. La fine dei lavori entro l’8 aprile, ma i pescherecci potranno uscire dal porto già a metà marzo. Finalmente l’inizio del dragaggio del porto, fissato per martedì 15 gennaio. I primi 15 giorni, però, serviranno solo ad analizzare i fanghi da scavare: la draga arriva a febbraio.
Marineria, imprenditori e operatori portuali, sindaco, consiglieri comunali, senatori, deputati e assessori regionali, il comandante della capitaneria di porto e il presidente della Provincia: tutti convocati in prefettura per tirare il sospiro di sollievo in coda alla telenovela del dragaggio. Affiancati dal presidente della Regione Chiodi e dal Prefetto D’Antuono, sono stati il sottosegretario al ministero delle Infrastrutture Guido Improta e il provveditore interregionale alle Opere Pubbliche Donato Carlea, questo pomeriggio, a snocciolare gli ultimi, fondamentali dati sugli imminenti lavori che scaveranno dal porto insabbiato 200mila metri cubi di fanghi e sabbia.
Il cantiere, commissionato da ministero e appaltato dal provveditorato, verrà consegnato ufficialmente alla Sidra di Roma, ditta che si è aggiudicata l’appalto ribassando l’importo iniziale di 13 milioni a 10.360.400 euro (di cui 200mila necessari alle misure di sicurezza). Il leader italiano nel settore ha certificato di poter terminare l’opera entro 85 giorni, quindi per l’8 aprile prossimo il porto, chiuso per sicurezza dal 2 gennaio 2012, finalmente tornerà pienamente operativo: “Ma già dopo 60 giorni”, ha anticipato Improta, “i pescherecci potranno tornare ad entrare ed uscire dal terminal marittimo”. Un lavoro giocato d’anticipo: “Abbiamo fissato la consegna dei lavori sotto riserva di legge”, ha ricordato con orgoglio Carlea, “cioè prima ancora di stipulare il contratto definitivo”. Un’accelerazione che, come ricordato dal sottosegretario Improta, “è stata possibile solo grazie ad un coordinamento istituzionale indispensabile a risolvere un problema che costringeva da anni lo scalo alla sofferenza”. Lo stesso Improta ha ripercorso il rapido evolversi della fase conclusiva dell’iter, dopo due anni di empasse consumata tra rinvii e sequestri dei cantieri. Solo il 20 settembre scorso, infatti, il Consiglio dei ministri ha revocato lo stato d’emergenza vigente sul porto, per permettere al capo della Protezione civile Gabrielli di affidare al provveditorato il coordinamento delle successive fasi. Dal 4 ottobre al 28 novembre scorsi, infine, si è aperta e conclusa la gara d’appalto: “Grazie anche alla sponda parlamentare fornita dagli Onorevoli abruzzesi per rintracciare nel Decreto sviluppo i fondi necessari”, ha aggiunto ancora Improta.
I DETTAGLI DEI LAVORI. Tra 5 giorni, quindi, la Sidra avvierà il cantiere nel porto, inizialmente senza utilizzare alcuna draga. I primi 15 giorni, secondo le stime dell’azienda attualmente impegnata nel porto di Civitavecchia, serviranno ad eseguire una georeferenziazione digitale: un avanzato e tecnologico metodo per selezionare il più possibile aree omogenee per qualità di materiale da scavare. Un’analisi preventiva tramite caratterizzazione, anticipata da una simulazione già eseguita, che permetterà di individuare quali aree di fondale dovranno essere portate in discarica e quali potranno essere riutilizzate, direttamente o previa depurazione, per essere reimpiegate in edilizia o per lavori di rinascimento. La benna che scaverà, quindi, verrà calata per asportare i 200mila metri cubi previsti secondo una selezione di fanghi e sabbie simili tra loro. Il dragato verrà depositato in vasche impermeabili, posizionate sulle banchine, costruite per evitare la dispersione della sabbia e per recuperare le acque che dreneranno durante lo stoccaggio: divise per qualità di materiale, le vasche verranno conferite (via terra e via mare) in discarica o ripulite tramite depuratori mobili.
“Un intervento che porterà risultati per i prossimi 3-5 anni”, ha sostenuto il provveditore Carlea, incassando però la critica di Bruno Santori, imprenditore marittimo: “La darsena commerciale ha bisogno di essere ribassata di almeno 6 metri per permettere l’ingresso di una nave mercantile”, ha sottolineato, “le previsioni temporali fatte mi sembrano troppo ottimistiche. Se non siete in grado di intervenire efficacemente”, ha polemizzato il titolare della San.Mar, “potete anche risparmiarvi i soldi per un dragaggio insufficiente”. Ben più felici i pescatori, che ora auspicano la rapida erogazione degli indennizzi e della conferma del fermo pesca. Mimmo Grosso, rappresentante dell’Associazione armatori Pescara, ha sollecitato per l’emissione dei 3 milioni dedicati a ristorare la marineria pescarese, rintracciati ad hoc nel Decreto Crescita e affidati sotto la gestione della Regione: “Bisogna accelerare: 150 barche sono ferme da luglio, questi soldi devono arrivare prima che falliamo completamente”. “L’ho già ribadito ieri alla Presidenza del Consiglio: lunedì telefonerò personalmente al ministro dell’Economia per vedere a che punto sono questi soldi”, gli ha risposto Improta. Meno speranzoso, sulle questioni del fermo biologico e dell’erogazione della cassa integrazione al resto della categoria marittima, si è mostrato l’assessore regionale alla Pesca Mauro Febbo: “Purtroppo”, ha riferito, “sono soldi che dipendono dall’Unione europea, che considera la crisi dei pescatori ma non gli altri marittimi. Per la cassa integrazione del comparto Pesca (sono state erogate solo le somme per 13 settimane di inattività da luglio a settembre 2013 ndc) i soldi sono stati individuati e ci si sta lavorando su. Per il fermo biologico, vedremo con il ministro all’Ambiente Catania di agganciarci ai ristori che coprono anche Marche, Puglia e Molise almeno per coprire i danni del fermo di dicembre”.
OLTRE IL DRAGAGGIO. Tutti d’accordo, da Chiodi al provveditore ai lupi di mare, sulla necessità di prestare più cura di quanto in passato non sia stato fatto, causa che ha ridotto il canale e la darsena all’osso, alla manutenzione dello scalo. Se il Governatore guarda a risolvere il problema della “conformazione strutturale del porto”, ovvero la diga foranea che funge da tappo a quanto trasportato dal fiume, anche Carlea e Improta auspicano ad una rapida approvazione del Piano regolatore portuale, oltre che ad un intervento più diffuso che eviti il confluire nel canale dell’inquinamento che le acque del Pescara raccolgono durante il suo corso più a monte. Tre le fasi, tra breve, medio e lungo termine, che il ministero delle Infrastrutture ha programmato per intervenire sulla città adriatica: “La mitigazione del rischio idraulico nel porto canale”, ha riassunto il sottosegretario, “il miglioramento delle potenzialità della darsena e tutte le attività utili all’adozione del nuovo Piano regolatore portuale”. In sostanza, il ripristino del fondale del porto canale, rimettere Pescare sulle rotte turistiche e commerciali e modificare la natura di un porto che, evidentemente, così com’è non piace e non serve a nessuno.
SOLO IL PRIMO PASSO. Che sia necessario rilanciare il porto, subito dopo averlo dragato, diventa il lite-motiv tra i vari soggetti, istituzionali e non, legati allo scalo portuale. “E’ importante affrontare in modo adeguato il problema del futuro del rilancio del porto, affinché non si ripetano gli errori del passato e per garantire il lavoro e la serenità degli addetti”, commenta presidente di Confcooperative Pescara e vicepresidente regionale della Confederazione delle cooperative Giuseppe D’Alessandro, mentre di “primo passo” parla Giovanni Legnini, senatore Pd: “Finalmente si parte”, afferma uno dei protagonisti dello sforzo adoperato a Roma per finanziare il dragaggio, “ma è solo il primo passo per restituire al porto di Pescara la sua funzione regionale e nazionale. Grazie all’impegno del sottosegretario Improta e dei senatori abruzzesi, le risorse finanziarie per il dragaggio e gli indennizzi sono stati completati nell’ambito del decreto crescita con uno stanziamento di 12 milioni di euro, mettendo così il Provveditorato alle Opere pubbliche nelle condizioni giuridiche e finanziarie di consegnare i lavori”. “Adesso”, insiste Legnini, “occorre programmare, progettare e reperire le risorse necessarie per gli interventi infrastrutturali necessari per evitare che sabbia e fango tornino ad occupare il sedime del porto”. L’esponente nazionale del Pd si rivolge, fin da ora, a coloro che occuperanno gli scranni romani dopo le prossime tornate elettorali: “C’è bisogno di completare questo lavoro con il futuro governo ed evitare che torni a verificarsi l’assurda situazione vissuta da Pescara, dalla marineria e dagli altri operatori da circa due anni”.
Ai futuri, prossimi governanti si rivolge anche Guerino Testa, presidente della Provincia di Pescara, che per un breve periodo ha rivestito anche le vesti di commissario straordinario: “Gli operatori del porto”, ricorda, “sono stati assolutamente sfiancati da una vicenda che li ha visti soccombere troppo a lungo. Oggi, quindi, tiro insieme a loro un sospiro di sollievo perché finalmente si intravede l’alba, che mette fine a una notte infinita e caratterizzata da momenti davvero drammatici. Ora mi auguro che situazioni del genere non si verifichino mai più in futuro e che il prossimo Governo, di qualsiasi colore politico sarà, mantenga gli impegni presi con la città di Pescara evitando il riproporsi di paralisi del porto come quella che va avanti da quasi un anno”.
MASCIA CHIAMA LA SNAV. Predica prudenza, il sindaco Albore Mascia, intenzionato a non abbassare la guardia “fin quando non sarà dragato l’ultimo metro cubo”, ma intanto si prepara già a lavorare per ripristinare, innanzitutto, il collegamento turistico con l’altra costa adriatica. “Già dalla prossima settimana”, afferma il primo cittadino a margine dell’incontro con Improta e Carlea, “riallacceremo i contatti con la Snav per verificare l’interesse e la volontà della compagnia di navigazione di riportare a Pescara i propri traghetti per la Croazia, ma anche per verificare ulteriori possibilità di allacciare nuovi rapporti con i paesi del bacino dell’Adriatico e del Mediterraneo”.
Daniele Galli