E per Luciano D’Alfonso, ex sindaco di Pescara, arrivò il giorno più temuto del processo Housework. L’imputato di spicco del procedimento che ipotizza tangenti elargite dagli imprenditori Toto verso il comune di Pescara per l’ottenimento di favori sull’assegnazione di appalti pubblici, rischia la reclusione per 6 anni, oltre alla confisca della villa di Lettomanoppello sequestrata dagli inquirenti, oltre all’interdizione dagli uffici pubblici, che per il politico di centrosinistra significa la fine di ogni possibile rientro in campo.
Questa mattina, nell’aula del tribunale di Pescara, il pm Gennaro Varone ha concluso la sua arringa, dopo una requisitoria durata circa 7 ore, avanzando davanti al presidente della corte De Santis, le richieste di pena per il 24 imputati. D’Alfonso è quello che rischia di più, dati anche i numerosi capitoli di reato che gli recrimina Varone: corruzione, concussione, associazione per delinquere, appropriazione indebita, truffa e peculato. Lo stesso periodo di reclusione è stato richiesto per Guido Dezio, braccio destro dell’ex sindaco, quello accusato di spuntare, sul registro dei contributi in entrata a D’Alfonso, una N accanto a quelli ritenuti ricevuti in nero: questi e altri comportamenti gli sono valsi le accuse di concussione, tentata concussione,corruzione, abuso, associazione per delinquere, truffa, appropriazione indebita. Meno pesante la mano sugli imprenditori, e per stessa ammissione del politico, amici fraterni di D’Alfonso, Carlo e Alfonso Toto, che per corruzione rischiano 2 anni e mezzo di reclusione.
Tutte le pene richieste alla ‘squadra di D’Alfonso’. Così il pm Varone ha definito l’entourage dirigenziale che girava attorno all’ex sindaco durante la sua consiliatura, ora finito al banco degli imputato. La pubblica accusa ha chiesto tre anni per il geometra Giampiero Leombroni, ex dirigente comunale; due anni e sei mesi per l’imprenditore Massimo De Cesaris, Angelo De Cesaris, Alberto La Rocca; due anni per l’imprenditore Rosario Cardinale, Marco Mariani, Francesco Ferragina e l’ex direttore generale del comune Antonio Dandolo; un anno e otto mesi per Vincenzo Cirone; un anno e sei mesi per Fabrizio Paolini, Giacomo Costantini, Nicola Di Mascio, Enzo Perilli, Pietro Colanzi e Luciano Di Biase; un anno per Pierpaolo Pescara, per l’attuale dirigente comunale Marco Molisani e per l’ex portavoce di D’Alfonso Marco Presutti. Due mesi richiesti per Giampiero Finizio, prescrizione per Vincenzo Fanì, ma solo perché prevista per il reato commesso, risalente al 2002.
Di “metodo d’Alfonso” ha parlato, invece, l’avvocato Claudio Di Tonno, difensore del comune adriatico, parte civile al processo. Di Tonno è stato il primo,oggi, a prendere parola dopo Varone. Le arringhe difensive proseguiranno fino alla sentenza, prevista dopo la pausa natalizia.