Una rappresentanza ha poi incontrato il Prefetto di Pescara Gerardina Basilicata per presentare un documento con 11 richieste, e redatto lo scorso 18 novembre. “Oggi siamo qui per chiedere dignità e libertà al Prefetto perché i ragazzi che stanno vivendo nei centri stanno soffrendo e con difficoltà, perché vorrebbero avere un permesso di soggiorno e lavorare anziché restare per due anni – ha detto Yacouba Saganogo, dell’Aifwa, Associazione Ivoriani e Fratelli di West Africa – rinchiusi dentro centri senza far nulla. Stiamo chiedendo come fare per far avere a questi ragazzi un permesso di soggiorno perché questi giovani vogliono vivere in Italia in pace, dignità, lavorare e pagare le tasse. Loro chiedono da tempo un miglioramento della loro condizione. Parliamo di giovani che hanno rischiato la vita per arrivare in Libia, dopo aver attraversato il deserto e il mare. La nostra richiesta è motivata anche dal fatto che una volta che questi ragazzi vengono mandati via dai centri dopo due anni, vanno in strada senza nulla e vanno a delinquere. Per questo chiediamo che siano messi in regola per restare pacificamente in questo Paese”.
“Chiediamo dignità per giovani che prendono 2,50 euro al giorno e che se stanno male devono andare a curarsi in ospedale e pagare il ticket. Come possono farlo?”.
I ragazzi che in Abruzzo sono ospitati nei centri di accoglienza sono oltre tremila e arrivano da Costa d’Avorio Ghana, Mali, Senegal, Gambia Nigeria e Guinea. Fra loro ci sono molti ragazzi di religione cristiana, e poi musulmani e animisti.
A sostenere le richieste dell’Associazione Ivoriana e fratelli West Africa, è Rifondazione Comunista che, considerando lo SPRAR come “unica strada per uscire dalle procedure emergenziali”, ribadisce “la necessità della partecipazione, dell’informazione e del controllo popolare dei centri di accoglienza, laddove scarseggiano i controlli degli enti governativi preposti. C’è un nuovo protagonismo delle lotte dei migranti e c’è un forte elemento di solidarietà, che deve essere esempio per tutti noi. È urgente unire ciò che la crisi divide”.