In autobus da Napoli, dopo 5 giorni di protesta permanente dinanzi alla sede di via Marina, circa 40 tecnici specializzati nella realizzazione di impianti energetici sono arrivati questa mattina a Pescara per portare la propria protesta direttamente negli uffici amministrativi della direzione centro-sud della Cofely-Gfd Suez. Indignati e determinati, reduci da notti passati all’addiaccio davanti ai cancelli dello stabilimento napoletano della multinazionale francese, alle 4:00 di questa mattina sono partiti dalla città partenopea per arrivare nel capoluogo adriatico poco dopo le 7:00, per piazzarsi con bandiere e striscioni all’ingresso dell’ufficio del direttore di area Giuseppe Ladisa, che ieri avrebbe disertato un incontro fissato a Napoli.
A lui vogliono far sentire tutta la rabbia che cova in corpo a chi pensa che “la crisi è usata come una scusa per licenziare arbitrariamente”. L’azienda, con sedi in tutta Italia, conta 2400 operai, “ma 109 sono stati già messi in mobilità, ovvero hanno perso il lavoro”, riferisce il rappresentante sindacale Gennaro Marrazzo. È lui a raccontare come, nonostante gli appalti che la Cofely ha già preso con l’Ospedale Rummo di Benevento, la Asl di Napoli 2, con gli uffici comunali e con le scuole di Avellino, con 650 presidi degli uffici postali della provincia campana, per la manutenzione dell’illuminazione pubblica di Eboli, Caserta e Gricignano d’Aversa, siano stati recentemente licenziate 9 persone nell’area napoletana. “Licenziamenti ingiustificati”, commenta Marrazzo, “le commesse ci sono, l’azienda invece prende la crisi come scusa per giustificare dei presunti esuberi”. A preoccuparli maggiormente, inoltre, le voci che ventilano un prossimo futuro ben peggiore: “L’intenzione della Cofely di procedere, nonostante le commesse in essere, con i licenziamenti delle maestranze”, recita un volantino affisso sulla recinzione dell’ufficio della riviera, “dimostra la volontà della multinazionale francese di voler dismettere le sue attività sul territorio campano”. Contesto, infine, il sistematico ricorso al subappalto: “Ci fanno fare gli straordinari, vuol dire che il lavoro c’è”, grida uno dei manifestanti, “così come c’è se subappaltano ad altre ditte: perché non possiamo farlo noi quel lavoro?”.
Domande che hanno preteso di riferire in faccia al direttore Ladisa, questa la ragione della trasferta a Pescara. Ma il picchetto, fino a mezzogiorno, non ha ricevuto risposte alcune: il presidio è rimasto sui marciapiedi di fronte allo stabilimento balneare 4 Vele, guardato a vista da un folto dispiegamento di forze dell’ordine. Carabinieri, polizia e funzionari della Digos hanno ben controllato che gli animi, già esasperati, non superassero i limite dell’ordine pubblico. E la protesta è rimasta nei ranghi, almeno fin quando gli uffici della Cofely non hanno aperto le porte agli operai, che in attesa di ricevere le risposte dal direttore di area si sono radunati su un terrazzino al primo piano. In quel frangente la tensione è salita: mentre i megafoni urlavano “Vergogna, è una settimana che aspettiamo risposte”, un operaio si è sporto oltre la balaustra che si affaccia sulla strada per amplificare la rimostranza. Subito i rappresentanti del picchetto lo hanno riportato all’interno del terrazzo, ma fin quando non saranno esaudite le proprie richieste le tute blu campane hanno precisato la propria fermezza: “Rimarremo seduti qui, se ci vogliono cacciare ci devono arrestare con i manganelli”.
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Daniele Galli