Dopo le fiaccolate, i picchetti e le occupazioni sul tetto della sede teatina di via Piaggio, i lavoratori della Sixty hanno spostato la loro protesta a Pescara, dove questa mattina era in programma un picchetto dinanzi alla sede del consiglio regionale. Circa 150 operai, sui 400 a rischio licenziamento, hanno manifestato in piazza Unione, in attesa di intercettare il governatore della Regione, per chiedere impegno e garanzie da lui e dall’assessore alle Attività produttive Castiglione in vista dell’incontro che si terrà lunedì a Roma presso il ministero dello Sviluppo Economico, il quinto di una serie alla quale i lavoratori e i sindacati non hanno mai preso parte.
Per il futuro dell’azienda, le speranze rimangono appese all’interessamento del fondo pan-asiatico Crescent hyde park, vacillanti dinanzi alla volontà della Sixty di voler salvare solo 50 posti. Dopo anni di lotta solitaria, ora i lavoratori chiedono la necessaria pressione della Regione affinché vada in porto il passaggio di proprietà. Un sostegno non dimostrato da Chiodi, che intercettato dalle Rsu sull’uscio della sede regionale avrebbe lanciato la battuta lapidaria: “Non ho mica il numero di telefono del fondo pan-asiatico”. A queste parole, l’indisposizione dei manifestanti si è tramutata in reazione animata: i 150 della Sixty, affiancati anche dai dipendenti della Italcables di Cepagatti e della Icie di Loreto, alle 11:00 hanno cominciato a sfilare sul ponte Risorgimento, per poi inscenare un girotondo di fischietti e striscioni all’incrocio tra corso Vittorio Emanuele e piazza Duca d’Aosta. “Occupiamo la strada per non finire in strada con le nostre famiglie”, hanno urlato al megafono i capi della protesta, mentre il traffico del centro andava in tilt e la polizia municipale provava a gestire l’imprevisto caos.
Solo un’ora dopo, quando Chiodi ha deciso di riparare convocando un incontro con le rappresentanze sindacali, la situazione è rientrata nei ranghi. Dinanzi ai lavoratori, il presidente della giunta regionale ha raggiunto telefonicamente il sottosegretario allo Sviluppo economico, Claudio De Vincenti, al quale ha chiesto al Sottosegretario “se esistono margini effettivi affinché il Governo possa sedersi al tavolo delle trattative sulla vertenza Sixty aperto presso il ministero dello Sviluppo economico”. La disponibilità da Roma verrà confermata nei prossimi giorni, ma il presidente Chiodi ha ribadito che la Regione non siederà mai ad un tavolo tecnico senza la presenza politica del Governo. “Siederemo a quel tavolo”, ha detto il governatore, “solo se sarà presente anche il Governo: condizione necessaria e irrinunciabile anche perché è bene chiarire che le nostre possibilità di incidere sulle scelte economiche di un fondo Pan-asiatico, che allo stato risulta proprietario della Sixty, sono praticamente ridotte a zero”. Il nodo principale, ha aggiunto Chiodi, “è che attualmente non esiste alcuna manifestazione di interesse per l’azienda e questo rende il lavoro della Regione e del Governo particolarmente difficile”. Resta, a complicare la vicenda, una situazione debitoria: “Unicredit vanta nei confronti della Sixty crediti per 250 milioni di euro”, rimarca Gianni Chiodi, “e questo gruppo bancario sarà un altro interlocutore importante della vertenza”.
La soluzione chiesta per risolvere il dramma dei 400 lavoratori a rischio licenziamento, oltre ad altri 300 dell’indotto, è di trasformare l’attuale concordato liquidatorio in concordato di continuità o amministrazione controllata, che aprirebbero maggiori spiragli nel campo degli ammortizzatori sociali: su quest’ultimi, i manifestanti hanno chiesto che la Regione interceda “e si interessi, finalmente, alle vertenze di tutti i centri d’eccellenza d’Abruzzo.
Italcables e Icie. In strada a protestar, oggi, anche i 34 dipendenti della Icie, ex Abb di Loreto Aprutino, che da gennaio scorso sono senza lavoro dopo il blocco della produzione adottato dalla proprietà, la famiglia Pistilli di Termoli. La Icie, specializzata nella realizzazione di quadri elettrici, è stata ceduta nei mesi scorsi da una multinazionale ad un’azienda di Termoli (Campobasso), della famiglia Pistilli. Con loro anche i lavoratori della trafileria Italcables di Villanova, che saranno in cassa integrazione fino al 23 di dicembre e rischiano il licenziamento dopo la decisione della proprietà di cessare l’attività aziendale. Gli operai da diversi mesi stanno presidiando a turno l’azienda.Per loro, il rappresentante provinciale della Fiom, Luigi Marinucci, ha chiesto l’intervento della Regione per il proseguimento dell’attivita’ delle due aziende. Per Italcables esistono commesse e manifestazioni di interesse da parte di soggetti imprenditoriali; per Icie esiste anche in questo caso l’interesse di alcuni privati ma la situazione difficile e’ data dal fatto che i 30 lavoratori licenziati non percepiscono alcuna forma di salario o cassa integrazione.