Pescara. Nessuna ‘mazzetta’ ricevuta dai gestori del bar del tribunale. Guido Dezio, imputato insieme all’ex sindaco D’Alfonso nel processo sulle presunte tangenti al comune, ha risposto così in aula oggi dinanzi al Pm Varone. “La lista Dezio? Solo contributi elettorali”.
Procedono a tamburo battente gli interrogatori del pm Gennaro Varone agli imputati, ben 23, per il processo sulle presunte tangenti indirizzate al comune di Pescara, destinatario l’ex sindaco Luciano D’Alfonso, per favorire l’esito di appalti pubblici. Dopo D’Alfonso e gli imprenditori Carlo e Alfonso Toto, oggi in tribunale è stato il turno di Guido Dezio, ex dirigente comunale e braccio destro del sindaco, finito in manette con l’accusa di concussione: secondo l’accusa, si sarebbe esposto in prima persona con il gestore del bar interno al tribunale pescarese, Di Pentima, chiedendo 20mila euro per ‘oliare’ la gara d’appalto. Inoltre, sempre secondo la tesi accusatoria, in cambio della cifra si sarebbe adoperato per evitare a Di Pentima la visita degli organi preposti al controllo sulla regolarità dell’esercizio. “Mai chiesto soldi per il bar del tribunale, sarebbe stato irresponsabile vista anche la sede del bar”, ha risposto Dezio al pm Gennaro Varone. Quei 20mila euro, secondo l’imputato, corrispondono semplicemente alla cifra relativa al bando di gara.
Tante altre cifre, poi, si possono leggere sulla cosiddetta lista Dezio, un documento sequestrato dalla polizia nell’ufficio del dirigente comunale, sul quale sono riportati contributi elettorali elargiti da vari imprenditori a D’Alfonso. Accanto ad ogni importo alcune sigle che, per Varone, spunterebbero soldi ricevuti in nero, pertanto ‘mazzette’. “Sono regolari contributi, non sempre elargiti, al partito della Margherita”, si è difeso Dezio, e non tangenti. In quanto uomo fidato del sindaco, il dirigente comunale sarebbe stato incaricato, all’interno di un lavoro programmato con i vertici del partito, “di sintetizzare gli appunti, ma anche gli altri ci mettevano mano”, ha spiegato ancora Dezio. Sempre lui ha decifrato le sigle aggiunge accanto ai contributi attribuite alla sua scrittura, prevalente tra presunte altre: starebbero a distinguere i contributi incassati realmente e quelli previsti ma non versati dagli imprenditori, e non un codice per distinguere le tangenti dai contributi regolari.