Pescara. Dopo mesi di attese e richieste, i rappresentanti delle forze dell’ordine si sono seduti faccia a faccia con i residenti di via Caduti per Servizio, che da oltre un anno urlano la propria disperazione per dover vivere sotto il gioco della criminalità, della violenza e dell’inciviltà. Ma da entrambe le parti del tavolo sembra essere stata confermata la tesi dell’emergenza che non c’è.
Forse abbagliati dalle stellette sulla divisa del colonnello dei carabinieri Marcello Galanzi, massimo vertice provinciale dell’Arma. Forse sedotti dalle strette di mano e dalle belle parole del sindaco Albore Mascia e del presidente di circoscrizione Piernicola Teodoro. Forse rassicurati dalla sola presenza del questore Paolo Passamonti e dal suo sguardo severo. Forse perché un simile spiegamento di forze, tutto insieme, i cittadini “per bene” di via Caduti per Servizio non lo hanno mai visto, nonostante lo richiedano tutti i giorni. Non per cerimoniali e assemblee, bensì per avere uno scudo da quella che è stata definita “la mano vigliacca”, una mano che colpisce pesante e ogni giorno. Come, è ormai un capitolo di cronaca recente, che porta come prima pagina l’incendio doloso alla macchina di Nello Raspa, presidente dell’associazione Insieme per Fontanelle. Forse sulla soglia della rassegnazione si raggiunge un livello di pazienza al limite dello zen, ma all’incontro di ieri sera è mancata quella foga che ci si aspettava dai fontanellesi fin da quando don Massimiliano De Luca, domenica scorsa, ha annunciato dall’altare che le istituzioni, riunite, avrebbero incontrato il quartiere. Educazione e civiltà ben accolte, sempre, ma a trasudare dalle fila di inquilini di case Ater e comunali è stata più un sommesso timore reverenziale. Troppo semplice pensare che sia bastato l’annuncio del sindaco, una novità solo per metà, “entro l’anno arriveranno una ventina di telecamere di sorveglianza collegate con le forze dell’ordine” a far placare gli animi disperati di chi tutti i giorni viene minacciato, aggredito, si vede sfondare i portoni e incendiare le automobili, viene obbligato a chiudere occhi e bocca che possano testimoniare sul perenne passaggio di droga e soldi. Quella disperazione, tutti i giorni, fa arrivare decine di segnalazioni in questura e in caserma, tanto da essere stata incensata dal primo cittadino come “il modello Fontanelle, la stretta e indispensabile collaborazione del cittadino con le forze dell’ordine per aiutarle a combattere il crimine, esportato come esempio vincente negli altri quartieri pescarese”.
Le richieste, ormai una cantilena inascoltata, sono state ribadite dal signor Raspa e da don Max: il ripristino di un posto fisso di polizia che sostituisca la camionetta semi-immobile dei vigili urbani presente ad un angolo del quartiere nelle ore diurne, affinché chi abbia voglia di delinquere venga spaventato dalla presenza delle divise blu o nere, e non bianche a strisce azzurre, che svaniscono con il calare del sole. Quello che è stato risposto dai capi della sicurezza cittadina, in sostanza, è che quello che succede a Fontanelle succede in tutte le parti della città, e l’istituzione di un controllo permanente in via Caduti per Servizio comporterebbe l’istituzione dello stesso presidio in tutto il territorio: “Ci vorrebbero ventimila uomini”, ha detto Passamonti, “e non è solo militarizzando la città che si risolve il problema”, ha aggiunto Galanzi. In sintesi, ciò che è stato ribadito, meglio riportato nel nostro video dalla viva voce dei protagonisti, è che tanto è stato fatto e tanto verrà fatto ancora: arriverà la videosorveglianza, come per altri quartieri caldi. E invece di un pattugliamento permanente, un incremento dei controlli all’indirizzo di chi sconta già i domiciliari nelle case popolari, così da aumentare la presenza delle Volanti su queste strade, mentre a chi da ora verrà assegnata la stessa pena sarà fatta scontare in altri luoghi. In definitiva, nessun intervento emergenziale, perché se il fatto grave è fatto comune e diffuso, allora non è da curare massicciamente. La conferma di quella voce che serpeggia e che sussurra malignamente che per le istituzioni a Fontanelle l’emergenza non c’è, o la vuole chi grida ad essa. E se, quando ce n’è l’occasione, manca anche chi la urla, non rimane altro da fare che lasciar spazio alla conferma.
Ma strette le ultime mani, sfilata la parata, sul selciato del civico 39, quando la porta della sede circoscrizionale non si era ancora chiusa, svanito il gas di scarico delle auto blu, la puzza dell’emergenza è tornata a farsi sentire, con lo scontro verbale tra le due facce del rione. Sull’uscio era rimasto qualcuno che non era voluto entrare a sentire chi ha affisso i manifesti ‘Impegno mantenuto, fuori rom e abusivi dalle case popolari’ spiegare come si tagliano i viveri agli spacciatori. Dall’uscio, con una bambina in braccio e un altro attaccato alla gonna, ha intrapreso lo scontro verbale con una donna, appena uscita dall’assemblea: un dialogo, terminato con l’ennesima e obbligata rassegnazione di chi conserva il buon senso e non reagisce con la stessa violenza alla violenza minacciata, essenziale per comprendere quella che, più che d’ordine pubblico, è un’emergenza sociale.
-“Ma che volete? Se uno non ha lavoro e non spaccia come campa? Daglielo tu da mangiare ai miei figli”.
-“Signora, anche io non lavoro, ma non spaccio la droga”
-“Ma tu sei vecchia, a te che male ti faccio se spaccio?”
-“A me niente, ma potresti spacciare la droga a mio figlio”
-“E che vuoi da me? Mica è colpa mia se a tuo figlio gli piace la droga”.
Daniele Galli