Pescara, Morosini: oltre 250 pagine di perizia sulle cause della morte

morosiniPescara. Supera le 250 pagine la relazione del perito medico legale circa la morte di Piermario Morosini. Il faldone è stato depositato oggi in Procura.

Aneurisma, infarto, difetto cardiaco congenito: sono state tante le ipotesti avanzate sulla morte di Piermario Morosoni, il centrocampista del Livorno che il pomeriggio del 14 aprile si accasciò sul prato dello stadio Adriatico durante la partita di serie B tra il Pescara e gli amaranto. Ma le cause del malore rimangono ancora incerte. Proprio per scoprirle il pm Valentina D’Agostino aveva ordinato l’autopsia, dopo la quale il medico legale Cristian D’Ovidio ha effettuato una dettagliata perizia. La relazione di questa consta di oltre 250 pagine, depositate oggi in Procura dal coroner. Solo dopo un’altrettanto attenta lettura, il magistrato potrà rendere pubbliche la reale natura dell’incidente che ha stroncato il 25enne.

Cardiomiopatia aritmiogena. Sarebbe questa la causa della morte di Morosini, a quanto riferito dopo le prime ore dalla consegna della perizia: una malattia di probabile origine genetica che produce aritmie ventricolari. Ereditaria potrebbe essere nel caso del calciatore amaranto, in quanto anche il padre morì a causa di un malore cardiaco. Secondo quanto scritto dal perito D’Ovidio, per il cuore di Morosini la malformazione era ancora in una fase iniziale, come confermato dal perito della famiglia, la dottoressa Cristina Basso: “Mi risulta che la malattia fosse agli inizi del suo percorso e che fosse molto difficile diagnosticarla. Il ragazzo poi non aveva dato nessun segnale di malattia, quindi la responsabilità della sua morte non credo sia di chi lo ha avuto in carico sanitario per anni. Ormai la scienza ha appurato che in un atleta questo tipo di malattia genetica aumenta i rischi di arresto cardiaco di cinque volte, perché lo sforzo è uno stimolo in negativo. E non sappiamo neanche se nel caso di Morosini ci sia stata una mutazione genetica nel tempo o se sia stato portato sin dall’inizio di tale malattia”. La dottoressa dell’università di Padova esclude negligenze o procedure errate da parte dei var staff medici che hanno avuto a che fare con il calciatore durante la carriera, ma critica chi ha effettuato i primi soccorsi sul campo dell’Adriatico: “Non credo ci siano responsabilità da parte della medicina sportiva, ma resto dell’avviso che forse con un defibrillatore avrebbe avuto qualche chance in più di salvarsi”.

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