Pescara. Rinvio a giudizio per D’Ambrosio, Cordoma, Angelucci e altri 12 protagonisti dell’inchiesta Ato: questa la richiesta presentata oggi da Pubblico Ministero Valentina D’Agostino.
La procura di Pescara ha presentato la richiesta di rinvio a giudizio per i componenti del cosiddetto partito dell’acqua, ovvero i soggetti imputati nell’inchiesta che ha travolto l’Ato numero 4 pescara. L’ex presidente dell’Ato Giorgio D’Ambrosio, Pasquale Cordoma, sindaco uscente di Montesilvano, Roberto Angelucci, ex sindaco di Francavilla, l’ex assessore di Montesilvano Francesco Di Pasquale, il segretario generale dell’Ato e della Provincia Fabrizio Bernardini, due dipendenti dell’ente Vincenzo Di Giamberardino e Fabio Ferrante, due ex componenti del CdA dell’Ato, Franco Feliciani, e l’assessore al comune di Penne Gabriele Pasqualone, Nino Pagano, funzionario Ato, Alessandro Antonacci, dirigente tecnico Ato, Sergio Franci, ex consulente Ato, Silvia Robusto, dipendente Ato, Ercole Cauti, imprenditore, Luigi Panzone, docente di scienze manageriali dell’Universita’ D’Annunzio. Stralciata e archiviata la posizione di Pierluigi Caputi, dirigente regionale e commissario straordinario dell’Ato.
Gli imputati devono rispondere, a vario titolo, di peculato, corruzione, abuso d’ufficio, falsità materiale commessa da pubblico ufficiale in atti pubblici, falsità ideologica, distruzione di documenti, truffa ai danni dello Stato e in violazione dell’articolo 97 della Costituzione. I fatti si riferiscono al periodo tra il 2003 e il mese di dicembre 2007. Nel mirino del pm Valentina D’Agostino un utilizzo improprio delle risorse economiche e strutturali dell’Ato per fini propri. Il presidente D’Ambrosio, ad esempio, è accusato di usare l’auto dell’ente per assolvere ai propri impegni politici a Roma, dove si recava in qualità di parlamentare, con spese a totale carico dell’Ato per ciò che riguarda benzina, telepass e l’assolvimento di numerose multe al Codice della Strada. Il personale dell’Ente d’ambito, secondo l’accusa, veniva utilizzato sempre da D’Ambrosio a fini propri, mentre l’autista-accompagnatore attestava falsamente la presenza sul luogo di lavoro attraverso la marcatura del badge. Il denaro pubblico sarebbe poi stato sperperato per pranzi conviviali estranei alle finalità dell’ente spacciandoli per pranzi di rappresentanza, finanziati in quanto tali. Per prorogare poi i contratti lavorativi di alcuni dirigenti fino a 3 anni e sottrarre la materia al commissario straordinario che era stato appena nominato con legge regionale, sarebbe stata distrutta una delibera già emanata e sarebbe stata sostituita con un atto amministrativo assunto in epoca successiva. E ancora si sarebbe proceduto all’affidamento diretto di incarichi professionali senza effettuare alcuna forma di pubblicità o procedure selettive, rendendo spesso beneficiari di consulenze e affidamenti di progetti persone legate al direttivo da rapporti di carattere personale o di militanza politica. D’Ambrosio è anche accusato di essersi ‘comprato’ la laurea in Economia e Management con la complicità del professore Luigi Panzone. Ora tocca al Gip fissare la data dell’udienza preliminare.
Daniele Galli