Bergamo. L’abbraccio di migliaia di persone ha salutato per l’ultima volta Piermario Morosini. Celebrati stamattina nella chiesa di Monterosso i funerali del calciatore 25enne del Livorno, morto per un malore ancora senza spiegazioni che lo ha colto sabato scorso allo stadio di Pescara. I tifosi dell’Atalanta in coro: “Piermario nei nostri cuori”.
L’ultimo saluto al ‘Moro’ si è tenuto su uno sfondo molto simile alla curva di uno stadio. E per un calciatore, giovane e ancora attaccato ai sentimenti di un tifoso, forse rappresenta la migliore celebrazione. Questa mattina, all’arrivo della salma di Piermario Morosini, sul piazzale della chiesa di San Gregorio Barbarigo erano migliaia (le stime azzardano 20mila) i tifosi dell’Atalanta, i residenti del quartiere Monterosso e tutti i bergamaschi accorsi per salutare un’ultima volta lo sfortunato ragazzo. Come accade ininterrottamente da sabato pomeriggio, prima al pronto soccorso, poi all’obitorio e ieri allo stadio Picchi di Livorno, non si contano gli striscioni e le sciarpe delle tifoserie schierate sulla stessa curva per l’omaggio a Morosini. “Nei nostri cuori, Piermario nei nostri cuori”, è l’urlo che accoglie la bara; un coro subito accolto da don Luciano Manenti, l’ex parroco di Monterosso che ha celebrato la funzione, lui, che Piermario l’ha conosciuto e gli è stato accanto negli anni dell’adolescenza, passata da orfano nelle sale dell’oratorio parrocchiale: “Davvero Mario è nei nostri cuori”, ha detto dall’altare, ora ci dobbiamo aiutare anche se non ci conosciamo tutti, siamo obbligati ad accoglierci gli uni con gli altri. Io non ho paura, siamo qui non solo per Mario, ma siamo qui con Mario. Questa è stata la cosa bella di questi giorni, chiamati da Mario e per mezzo di Mario siamo stati un ‘noi'”.
E la gente che “chiamata” da Morosini è stata cosi tanta da dover allestire 3 maxischermi all’esterno, mentre tra i 600 riusciti ad entrare in chiesa c’erano le squadre al gran completo dell’Atalanta e del Livorno, il presidente della Figc, Giancarlo Abete, il vice Demetrio Albertini, il ct della Nazionale azzurra, Cesare Prandelli, e altri dirigenti del calcio italiano e dei vari club. Da Pescara sono arrivati anche il sindaco Luigi Albore Mascia, il direttore sportivo, Daniele Delli Carri e il responsabile del settore giovanile, Giacomo Ortolano, e due ragazzi della formazione Primavera in rappresentanza del club biancazzurro; assenza forzata quella della prima squadra che avrebbero voluto partecipare ma in viaggio verso Padova dove domani sera sarà impegnato nell’anticipo di campionato.
Durante la messa ad attorniare la bara un tappeto di sciarpe: tutti i colori delle tifoserie, svariate decine, che hanno voluto presenziare. “Onesto come un ulivo”, lo ha ricordato nel corso dell’omelia don Luciano, “frutto della terra bergamasca. I campi sono quelli di calcio. Non erano ancora quelli prodigiosi dell’erba sintetica. Erano spazi strappati alle pendenze della collina. Un campo di sabbia polverosa d’estate, ghiacciata d’inverno. Ma un campo prima di tutto è terra”, ha detto il sacerdote ricordano la giovinezza del giocatore, “e questa terra, questa nostra terra produce frutti benedetti e umili. Piermario”, ha continuato nel paragone, “è solo l’ultimo dei frutti di questo mondo. Se penso a un albero mi viene in mente l’ulivo, e la spremitura del suo frutto che produce fragranza nuova. Un processo che passa dal torchio e dal legno nodoso dell’albero. Un albero che è l’albero di Gesù. E come Gesù il nostro Pier ha vissuto tanti Getsemani ma anche tante resurrezioni. Questa è solo la più evidente”, ha concluso, riferendosi alle tante tragedie familiari vissute dal giovane Morosini.
Un giovane, un ragazzo semplice, ancor prima del calciatore; grande appassionato di musica, Ligabue il suo idolo: ecco perché il coro di San Gregorio Barbarigo ha intonato le canzoni ‘Il giorno di dolore che uno ha’ e ‘Non e’ tempo per noi’, successi tra i più calzanti del cantautore di Correggio. Durante la cerimonia ha parlato anche la mamma di Anna, la fidanzata del giocatore del Livorno: “Abbiamo perso un figlio e un fratello, il dolore è grande ma sappiamo che non ci vuoi tristi ma con il sorriso, quel sorriso che illuminava sempre tuo viso”, le parole della signora Mariella che poi, commossa, ha proseguito: “ciao Mario, ti ringraziamo della presenza nella nostra vita, ti ringraziamo per tutto quello che hai dato alla nostra Anna, ma ti chiedo un favore, almeno dal cielo chiamami Mariella e non più signora: sarai sempre con noi, proteggici dal cielo, ti vogliamo bene”.
Tanti gli applausi, il più lungo quello scrosciante dalle mani della folla che ha accompagnato l’uscita del feretro di Morosini, coperto dalla sua maglia numero 25 del Livorno e da tutte quelle vestite nella sua carriera. Poi il coro dei tifosi: “Mario uno di noi”, scandito anche dai bergamaschi che avevano conosciuto il ‘Moro’ sui campi delle giovanili dell’Atalanta e per le strade di Bergamo nei momenti di libertà della giovane promessa dagli allenamenti. A quei momenti, durante la messa, ha fatto ricorso anche don Remo Luiselli, parroco di Monterosso: “Quando uno ha una carriera davanti come aveva Piermario forse si sente 1-2-3 gradini più in alto rispetto agli altri, Mario no, quando veniva all’oratorio si metteva a giocare con i bambini di sei anni e metteva tutta la sua passione nel regalare la sua esperienza. Stava con i bambini volentieri. C’era una cosa che non gradiva, che gli venisse ricordato il dramma di suo fratello, i problemi della sorella e il fatto che fosse rimasto orfano molto giovane, si capiva che gli apriva la ferita che aveva nel cuore”.
E insieme ai suoi cari, nel cimitero monumentale di Bergamo, è stata tumulata la salma; l’amministrazione comunale, intanto ha già comunicato l’intenzione di intitolare a Morosini la curva sud dello stadio Atleti Azzurri d’Italia.
Daniele Galli
Foto: Calciomercato.com